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Dieci anni dopo «Stay hungry, stay foolish». Le due Apple a…

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Dieci anni dopo «Stay hungry, stay foolish». Le due Apple a confronto

Era il 12 giugno 2005 quando Steve Jobs all'Università di Stanford pronunciò quello che oggi è considerato il suo testamento. «Stay hungry. Stay foolish», un invito agli studenti a restare “affamati e folli”. Ovvero, non perdere mai la curiosità e l'ambizione di cambiare il mondo con un pizzico di follia.

Quel discorso è stato ed è la preghiera laica di una generazione di giovani innovatori, imprenditori di startup, tecnologi visionari. Ha emozionato ed emoziona ancora quanti nelle università o nei “garage” sognano di poter fare la differenza. Il passaggio finale del discorso contiene la frase: «Il tempo a vostra disposizione è limitato, non sprecatelo vivendo una vita che va bene per altri ma non vi appartiene. Non lasciatevi condizionare, non lasciate che il rumore delle opinioni altrui copra la voce che avete dentro. Ma soprattutto abbiate il coraggio di seguire quello che avete nel cuore, lasciatevi guidare dall'intuito. Siate affamati. Siate folli».

Chi oggi si aspettava da Tim Cook un nuovo inno generazionale ha commesso un errore di prospettiva. La Apple di Steve Jobs nel 2005 era geniale e ribelle. Un inventore di prodotti innovativi capace di inventare dal nulla mercati e far tremare i giganti del Pc.

La Mela del suo successore è invece un gigante con una capitalizzazione di oltre 700 miliardi di dollari, con una liquidità che la rende il predatore più grosso sul mercato. Tanto da renderla credibile (per gli investitori) e temibile (per la concorrenza) quando si ipotizza il suo ingresso nell'industria dell'automobile.

Il discorso di Tim Cook riflette alla perfezione l’essenza di questa nuova Apple che può permettersi di essere magari meno folle ma non meno affamata. Quella di Tim Cook è una Apple che anzi si può permettere di allargare lo sguardo. Di prendere fiato dalla maniacale ricerca di perfezione di prodotto. E di occuparsi di ambiente, diversità, lavoro. «Apple è aperta a chiunque e sono orgoglioso di lavorare in una azienda che non pensa solo a fare i soldi ma a migliorare il mondo in cui vive. Da quando l'ho incontrata, non sono più tornato indietro».

Tim Cook parlava della Apple come se fosse non il numero uno ma un dipendente di una azienda che ama nel profondo. Ha descritto più che una azienda uno stile di impresa che guarda ai grandi temi dell’ambiente e della privacy come momenti di confronto pubblico. «L'azienda che fa meglio - ha detto - è quella che serve il bene pubblico», cedendo un po’ alla retorica che vuole le grandi corporation al servizio di un bene più alto. È all’interno di questo contesto che va inserito il richiamo ai giovani (l’occasione era quella dell’inaugurazione dell’anno accademico della Bocconi). «Non siete solo cittadini italiani, siete cittadini del mondo e oggi potete fare sentire la vostra voce oltre ogni confine. Nessuna generazione ha avuto questa opportunità dunque usatela, alzate la voce».
Non suona come stay hungry, stay foolish. Ma forse è più in sintonia con i nostri tempi. E con la sua Apple.

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