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Dossier Sator lancia la startup Tinaba

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    Dossier | N. 221 articoliPiù start-up con il Sole

    Sator lancia la startup Tinaba

    Dopo due anni di lavoro Sator, il fondo di private equity di Matteo Arpe, lancia una startup nel panorma dei pagamenti mobili e del fintech. Tinaba, acronimo di “This Is Not a Bank”, sulla scia di altri progetti come Satispay e 2Pay si proprone di trasformare lo smartphone in un portafoglio virtuale per consentire il pagamento e il trasferimento di denaro.

    A differenza però di analoghe inziative la startup di Arpe intende lavorare in congiunzione con un istituto di credito (per ogni Paese in cui sarà presente a comincaire da Banca Profilo in Italia) e candidarsi così ad abilitatore di servizi innovativi della banca. Il target sembrano essere soprattutto i teenager. L'app (che girerà sui sistemi mobili di Apple e su Android) intende infatti diventare una sorta di WhatApp tra genitori e figli. Si potranno operare in modo gratuito trasferimenti di denaro all'estero, veicolare forme di micropagamenti, organizzare “casse comuni” virtuali e campagne di crowdfunding. Obiettivo non esplicito quello di sostituirsi alle attuale carte di credito offrendo ai merchant commissioni più basse.

    Vista dall'esterno è una app per smartphone sull'Apple Store e su Android (presto anche sui telefonini Windows). A differenza di altre realtà, la tecnologia di Tinaba è stata ideata per operare in connessione con un istituto bancario tradizionale. Tecnicamente consente di effettuare trasferimenti di denaro in modalità peer-to-peer. E quindi si candida a disintermediare le carte di credito sulla scia dei grandi fornitori di tecnologia come Apple, Paypal e Google e delle piccole startup come 2PAy e Satispay. Queste ultime sono uno strumento per effettuare trasferimenti di denaro direttamente dal cellulare, utilizzando come “Iban” il proprio numero di telefono. Sostanzialmente il denaro transita da un terminale all'altro, che sia quello di un privato o di un merchant che ha aderito alla piattaforma: si scarica il programma sul telefonino e si inserisce il proprio Iban per autorizzare le transazioni dal proprio conto al portafoglio elettronico. Tinaba ha il merito di federare dentro una unica applicazione numerosi servizi. Sotto il profilo della regolamentazione si configura come una carta prepagata virtuale a cui appoggiarsi per gestire, in soli due passaggi, addebiti e accrediti da tutti i conti bancari dei Paesi europei. In un certo senso, rispetto ad altre soluzioni come Apple Pay che si appoggia alle carte di credito, Tinaba si candida a trasformare la banca in un abilitatore di servizi.

    A essere quindi l'interfaccia via smartphone di un ecosistema di servizi innovativi che richiedono però il coinvolgimento di merchant, negozi e attività commerciali. L'interesse di questi ultimi è legato ai costi di commissione che promettono di essere inferiori a quelli della carta di credito in cambio di servizi a valore aggiunto. «This is not a Bank» infatti è stato pensato espressamente per venire incontro alle esigenze dei teenager. La scelta di marketing è quella di voler sostituire il denaro contante diventato una sorta di WhatsApp per gestire la paghetta dei figli, operare trasferimenti di denaro e altro. Attraverso questo wallet elettronico i giovani potranno per esempio organizzare una cassa comune per pagare la pizza. Si potrà abilitare un conto per la baby sitter per le piccole spese. I genitori potranno prestare soldi ai figli quando sono all'estero (Tinaba però dovrà appoggiarsi a un istituto di credito e si punta a stipulare in ogni paese un'alleanza in esclusiva con in singolo istituto di credito).

    L'idea, non nuova, sembra essere anche quella di offrire a negozi, ristoranti e attività commerciali la possibilità di generare servizi a valore aggiunto utilizzando tecnologie esistenti come la geolocalizzazione, gli Rfid (è in progetto anche una carta di credito vera e propria in grado di dialogare con l'app sul telefonino). Con un po' di creatività la piattaforma di Sator si candida così a organizzare campagne di crowdfunding, social lending e attività di microcredito. Per avere successo queste iniziative richiedono un forte coinvolgimento dal basso. Come avviene anche per Apple e Google, il servizio funziona non solo se una comunità più o meno ampia decide di adottarlo. Ma soprattutto se l'ecosistema che ruota intorno ai proprietari della app sceglie di adottarlo inventando nuovi servizi. Uber insegna.
    Dal prossimo 8 dicembre inizierà la fase di di test mentre da metà gennaio sarà disponile per il download su invito.

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