Il metano — se ne discute in questi giorni alla Cop21 sul clima in corso a Parigi — può essere quel vettore del cambiamento verso una società decarbonizzata, come si dice adesso con un neologismo brutto ma efficace. Decarbonizzare significa immettere nell'aria meno anidride carbonica senza rinunciare alla disponibilità di energia.
L'Italia ha tutte le premesse per diventare un polo europeo del gas. È nella posizione di cerniera fra l'Europa e l'Africa. Ci sono giacimenti (male struttati quelli esistenti e poco studiati quelli ancora nascosti), stoccaggi (contrastati), condutture di importazione del metano in progetto (contestate) e molte già costruite. In Italia ci sono tecnologie fra le più innovative, un'esperienza antica e accurata, imprese del settore che meritano lo scenario internazionale. In Italia ci sono aziende ad alta efficienza energetica che hanno saputo fare del gas la loro fonte primaria di energia a basso impatto ambientale: cartiere, vetrerie, industria ceramica, chimica, acciaierie, centrali elettriche e così via.
Ma il settore del gas ha ancora molti vincoli e infinite arretratezze che bisogna superare. Il mercato è ancora rigido lungo tutta la filiera, dal giacimento fino all'utilizzo. Le normative sono complesse. Ci sono aziende del gas spesso piccole e vecchie. Troppi consumatori sono rimasti pigri e sembrano ancora poco avvezzi a mettere in competizione i fornitori.
Questi sono alcuni dei temi del position paper discusso a Roma durante l'evento sulle «Prospettive del mercato italiano del gas nel contesto europeo» nel quale insieme con la Confindustria sono state esaminate le condizioni che possono riuscire a fare dell'Italia quel perno europeo del settore. A vantaggio del mercato europeo e dei Paesi produttori di gas, a beneficio dell'ambiente ma soprattutto a vantaggio dei consumatori, dalla famiglia singola fino alla grande industria.
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