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Il 5G si sintonizza con la tv

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Il 5G si sintonizza con la tv

L’opportunità e, al tempo stesso, la sfida che il 5G gioca per il nostro sistema Paese sono racchiudibili nella cornice di due elementi, che affioreranno con forza nei prossimi mesi. Da una parte, «il 5G non sarà solo un nuovo sistema di comunicazione, ma sarà un sostrato abilitante che in maniera trasversale permetterà l’evoluzione e lo sviluppo di tutti gli altri settori», dice Mario Frullone, direttore alla ricerca della Fondazione Ugo Bordoni, braccio tecnico del ministero dello Sviluppo economico. Questa è l’opportunità: mettere le fondamenta per un’Italia digitale (più efficiente).

La sfida è un’altra: «La partita più delicata per l’accesso allo spettro, tuttavia riguarda ancora sicuramente le frequenze sotto a 1 GHz e in particolare la banda Uhf tradizionalmente usata per la televisione», dice Frullone. Sappiamo che per il 4G, nel 2011, l’Italia ha dovuto liberare gli 800 Mhz dalla televisione. Nei prossimi anni sarà la volta dei 700 (già utilizzati dal 4G negli Usa) e dei 600 Mhz).

A questi orizzonti - il 5G e nuove frequenze per la banda ultra larga mobile - stanno lavorando tutte le principali economie mondiali. L’Italia non può quindi permettersi di essere in ritardo (anche) su questa partita.

Ricordiamo che il 5G, al momento, non fa capo a uno standard (a differenza delle tecnologie Lte, che sono il 4G). Secondo l’ente di standardizzazione internazionale International Telecommunication Union(Itu), il 5G potrà raggiungere una velocità teorica in download fino a 20 Gbps. Prende le mosse comunque dalla fine dello sviluppo dell’Lte Advanced (arriverà a 3 Gbps nel 2020, ora in Italia è a 300 Mbps e presto 450 Mbps). Sono di poche settimane fa i primi test sul campo (non semplicemente in laboratorio), di Huawei e Ntt Docomo in Giappone, e hanno raggiunto i 3,6 Gbps reali, con frequenze sotto i 6 Ghz.

Frequenze così elevate (quelle più alte ora nel mobile arrivano a 2.6 Ghz) serviranno a sviluppare al massimo le prestazioni raggiungibili dal 5G; ma anche le frequenze bassissime “televisive” saranno importanti, per avere una copertura capillare del territorio.

Il 5G servirà a spingere nuovi servizi digitali, non solo grazie alle maggiori velocità ma anche grazie a latenze bassissime, che favoriscono efficienza e affidabilità. In particolare questo secondo aspetto sarà cruciale per la trasformazione digitale dei settori tradizionali, auto, energia, salute, fabbriche.

«Già oggi è chiaro che i settori dell’automotive, smart energy, e-health beneficeranno dei sistemi Lte e Lte Advanced, ma è solo con il 5G che potranno esprimere al meglio le loro potenzialità, intrinsecamente legate alla connettività degli oggetti, l’Internet of Everything», dice Frullone. Le alte velocità faranno comodo invece soprattutto ai servizi audio-video mobili, che già comunque avranno un impulso da alcune evoluzione di tecnologie ancillari all’Lte, come l’Lte Broadcast (in arrivo anche in Italia).

Dietro il 5G c’è insomma il piano di trasformazione digitale di un intero Paese. Ecco perché l’Italia ha bisogno di dare risorse alla banda ultra larga mobile, nei prossimi. In questo senso sono molto importanti i risultati della World Radio Conference (Wrc-15) conclusa la scorsa settimana a Ginevra. Qui è stato stabilito che in Europa «gli Stati possono già consentire la banda ultra larga mobile sui 700 Mhz in parallelo con la tv e dal 2013 questa condivisione (“uso co-primario”) sarà estesa anche ai 600 Mhz», spiega Antonio Sassano, docente dell’Univesità Sapienza di Roma e tra i massimi esperti di frequenze in Italia.

La Francia e la Germania hanno già assegnato i 700 Mhz per i servizi mobili. Per questioni di interferenze tra antenne tv e mobili, i Paesi vicini all’Italia certo spingeranno, nelle sedi internazionali, perché anche noi faremo questo passo. A Gineva è emerso anche che almeno fino al 2023 (anche) la televisione potrà utilizzare quelle frequenze (una decisione che sarà aggiornata nel 2019).

Tale scadenza è in linea con il calendario del Rapporto Lamy, redatto per la Commissione Europea, che suggeriva di completare per il 2025 la revisione dell’uso della banda Uhf in Europa.

Ne deriva che nei prossimi anni anche il nostro Paese dovrà agire su due fronti: la riorganizzazione dello spettro, per prepararne una successiva (possibilmente indolore) ri-allocazione, e lo sviluppo dei principi Lsa (Licensed shared access), per consentire utilizzi condivisi. Come già avviene con la sperimentazione Lsa del ministero dello Sviluppo economico sui 2,3 Mhz. (al.lo.)

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