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Intelligenza artificiale: la risposta di Elon Musk a Facebook e Google

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Intelligenza artificiale: la risposta di Elon Musk a Facebook e Google

Chiamiamola pure una nuova sfida, che rimanda a una sua, personalissima e catastrofica, visione del mondo iper tencologico di domani. “Se non sfruttata bene, l'intelligenza artificiale potrebbe diventare una delle principali minacce per la nostra sopravvivenza”, diceva più o meno un annetto fa il vulcanico Ceo di origini sudafricane di Tesla Motors e SpaceX. Che ora sembra voler dar seguito a quei proclami annunciando il varo di OpenAi, una società di ricerca non-profit che si occuperà di studiare e monitorare l'evoluzione delle tecnologie che puntano a imitare il cervello umano.

L'Elon pensiero che accompagna il nuovo progetto è, come spesso capita, ad effetto. “Vogliamo far progredire l'intelligenza digitale – ha detto Musk - per far sì che tutta l'umanità possa avvantaggiarsene nel modo migliore, slegandola dal bisogno di un ritorno di tipo economico”. Da qui l'idea di ente scientifico che, grazie al contributo di ricercatori e investitori (si parla di un miliardo di dollari di finanziamenti privati dietro l'operazione), potrà mettere le mani sul fenomeno Ai e prevenirne possibili derivazioni pericolose.

Quali pericoli? Come ebbe a dire durante un incontro con alcuni studenti del Mit di Boston (qui la cronaca di quell'evento ripresa online sul The Guardian), Musk è convinto del fatto che ci dovrebbe essere un controllo regolatorio, anche a livello nazionale e internazionale, proprio per essere sicuri che la corsa in avanti nell'intelligenza artificiale non superi determinati limiti.

La missione di OpenAi, in tal senso, è quella di fare da collegamento necessario tra ricerca scientifica e istituzioni normative, e per raggiungere lo scopo il numero uno di Tesla si è subito dichiarato intenzionato a rinunciare a qualsiasi ritorno economico dall'iniziativa. La ricerca di ingegneri e scienziati per dar vita al progetto è intanto già scattata e fra le competenze richieste spicca una conoscenza approfondita delle tecnologie di apprendimento automatico, il cosiddetto “deep learning”, ritenute fondamentali per lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale.

Della nuova società, e siamo ai dettagli organizzativi di OpenAi, Musk sarà il co-presidente al fianco del venture capitalist Sam Altman mentre nel ruolo di direttore della ricerca e di Cto opereranno rispettivamente Ilya Sutskever, già di Google, e Greg Brockman, ex Chief technology office del servizio di pagamenti online Stripe. Fra i finanziatori ci sono invece il cofondatore di Paypal, Peter Thiel e quello di Linkedin, Reid Hoffman.

Le mosse open di Zuckerberg
L'annuncio risale alla settimana scorsa e dice sostanzialmente questo: la casa di Menlo Park metterà a disposizione di tutti attraverso l'Open Compute Project (di cui fanno parte anche Microsoft, Intel e Cisco) una variante del cervello hardware Big Sur, per renderlo più efficiente e più veloce rispetto al sistema di precedente generazione. L'intelligenza artificiale che regola il funzionamento di Facebook, o meglio il suo hardware, diventa quindi open source.

Mark Zuckerberg ha quindi deciso di “regalare” alla community degli sviluppatori una versione del server che il social network utilizza per programmi di machine learning e per far funzionare le “reti neurali” che mimano i meccanismi del ragionamento umano. Un'intelligenza artificiale che Facebook utilizza massicciamente per ordinare i contenuti fotografici e i video, oltre che per personalizzare i news feed sulle pagine dei suoi utenti.
Proprio per gestire su larghissima scala questa attività, ecco nascere prima l'esigenza di creare una piattaforma hardware ad hoc (Big Sur per l'appunto) , estremamente capace sotto il profilo computazionale per setacciare ad altissima velocità le reti neurali, e ora quella di aprirla a tutti attraverso l'Open Compute Project in una versione “open rack compatibile”. Con quale fine? “Vogliamo rendere molto più facile per i ricercatori – recita il blogspot di annuncio - condividere le loro tecniche e tecnologie basate sull'intelligenza artificiale e crediamo che questa collaborazione ci permetterà di fare un passo avanti verso la costruzione di sistemi più complessi”. Se graditi o meno ad Elon Musk sarà ovviamente tutto da scoprire.

E quelle di Mountain View
Anche Google, e da tempo, si sta muovendo seriamente sullo sviluppo di una tecnologia di machine learning più intelligente e aperta a tutti. E il battesimo recente di TensorFlow, utilizzata per migliorare prodotti come Google Now, Inbox (nella funzione “smart reply”) e le ricerche fotografiche del motore Web, va per l'appunto in questa direzione. E se si guarda al blogpost firmato dal Ceo Sundar Pichai in proposito non passa inosservato un suo accenno a un “salto in avanti di intelligenza” notevole.

La nuova tecnologia, dicono da Google può realizzare delle “reti neurali” che riproducono il funzionamento del pensiero umano in un quinto del tempo rispetto al precedente sistema, abbinando a queste doti anche maggiore flessibilità e maggiore adattamento a nuovi prodotti e progetti. Non di meno, TensorFlow si vanta di essere un “ambiente” di machine learning altamente scalabile, in grado di funzionare su un singolo smartphone così come su migliaia di computer all'interno di un data center.

In linea con il dogma della open innovation, anche l'azienda di Mountain View ha deciso di rendere disponibile ad accademici, ingegneri o sviluppatori il sistema convinta del fatto, sempre parole di Pichai, che “il machine learning viva ancora oggi la sua fase infantile. Per replicare le doti di un umano con una macchina, insomma, ci vorrà ancora tempo. E c'è chi, come Elon Musk, si muove per evitare che la scienza vada troppo oltre.

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