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Dossier Ma il business vero sono i giochi «seri»

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    Dossier | N. 221 articoliPiù start-up con il Sole

    Ma il business vero sono i giochi «seri»

    In un settore come quello videoludico dove i fondi scarseggiano, lo sviluppatore Studio Evil ha trovato un'originale miscela per sopravvivere. L'azienda nasce nel 2013 da Luca Marchetti, già fondatore e direttore tecnico di D-Sign, impresa bolognese che si occupa di sviluppo software. Nel 2011 Marchetti decide di fare videogiochi e sono proprio i soci di D-Sign a dargli il primo finanziamento di 120 mila e gli spazi in cui lavorare.

    Dopo aver trovato altri due soci ecco arrivare il primo titolo, Syder Arcade, sparatutto classico uscito per PC, Mac, iOS e Android. Il gioco non fa il boom sperato e non raggiunge il break even ed è qui che nasce l'idea per sopravvivere. Studio Evil inizia a lavorare a lavori su commissione che mantengono alto il cash flow da riversare poi nelle opere creative. Il momento saliente per l'azienda arriva nel 2013 quando il loro titolo Relive vince il Future of Health Award 2013, prestigioso premio per i serious games legati alla sanità pubblica, ovvero quei giochi che non sono finalizzati al puro divertimento ma insegnano qualcosa giocando e addestrando l'utente ad affrontare situazioni reali sfruttando un ambiente totalmente virtuale.

    Realizzato con il Sant'Anna di Pisa, Relive insegna la rianimazione cardio-polmonare con un sistema di computer vision che traccia se il movimento dell'utente ed è in grado di capire se e dove sta sbagliando. Con questo titolo Studio Evil si aggiudica un premio di 190 mila euro, giusto il necessario per finanziare il gioco. «Questo però è l'ultimo finanziamento che abbiamo ricevuto» racconta Machetti, visto che ora Studio Evil sta sulle proprie gambe con quella miscela che permette di pagare le proprie opere con i lavori eseguiti per altri. A livello di settore invece Marchetti preferisce orientarsi verso il mondo computer e lasciare da parte il mobile, una scelta che può apparire controcorrente ma ha un significato preciso. «Su mobile escono centinaia di giochi al giorno, su Steam (la principale piattaforma di distribuzione digitale per PC e Mac) non più di sette al giorno - racconta Marchetti - Su mobile quindi si deve puntare a una massa enorme di vendite per emergere, si devono avere milioni di download per apparire in cima alle classifiche e c'è perfino chi compra download per conquistarsi un posto al sole». Oltre alla cronica mancanza di fondi per il settore, per Marchetti il problema è un altro: «Nessuno pensa all'Italia come un Paese che sviluppa videogiochi. Non è facile proporre il made in Italy videoludico all'estero e in tanti sono ancora convinti che in Italia non si produca videogame». (Ale.L.)

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