
Due anni fa dietro ai loro banchetti nell'ala più sfortunata della più grande fiera di elettronica di consumo del mondo sembravano un incrocio tra un venditore porta-a-porta di aspirapolveri e un concorso di aspiranti inventori. Quest'anno al Consumer electronic show di Las Vegas gli startuppers in felpa e zainetto è come se si fossero di colpo scrollati di dosso i timori reverenziali di chi siede accanto a giganti del calibro di Samsung, Intel e Lg. Le startup del gadget non sono più la coda lunga più eccentrica di una industria che nel 2016 fatturerà 950 miliardi di dollari. All'Eureka Park, l'aerea che storicamente le ospita, sono salite a quota 500 (erano 375 solo l'anno scorso).
Ma più che altro le prime cento hanno raccolto insieme uno punto tre miliardi di dollari. Che non è poco per aziende del fai-da-te tecnologico, che producono accessori, inventano speaker audio, droni volanti, piccoli robot casalinghi, piastrine per tracciare cane e gatto, braccialetti tempestati di sensori, dispositivi per rendere intelligenti pentole, posate, tovaglie ed elettrodomestici vari. Per quanto curioso se tracciamo una linea per unire le potenzialità dell'Iot (internet delle cose) alle schede alla Arduino in grado di connettere lampade, mobili all'intelligenza del web scopriamo una galassia di soluzioni low cost molto dinamica e creative. E commercialmente interessante. Solo il “wearable” (dominato dagli smartwatch) è atteso crescere del 59% per diventare entro la fine di quest'anno un business da 25 miliardi di dollari. E poi c'è la realtà virtuale, quest'anno il numero di startup che lavorano a interfacce, periferiche e accessori (dalla bilancia sui piedi a nuovi visori) per migliorare l'esperienza nei mondi digitali in tre dimensione è quello che è cresciuto di più.
Da mondo per pochi l'elettronica sembra aver perso controllo consentendo l'ingresso di molti. Quello che è accaduto gli analisti lo spiegano con due parole: Iot e Cina. In altre parole, se è più semplice connettere oggetti tra loro utilizzando hardware a basso costo l'ingresso di giganti cinesi ha eroso rendite di tradizioni abbassando drasticamente i prezzi dei prodotti e costringendo gli attori tradizionali a cercare nuovi mercati. E nuove idee. Qualche esempio? L'anno scorso ricordiamo quanto fece discutere l'acquisizione miliardaria di Oculus (realtà virtuale) da parte di Facebook. Oggi nessuno si azzarderebbe a mettere in discussione la scelta di Zuckerberg. Con il senno del poi anche l'operazione di Nest (costruiscono termostati connessi a internet) da parte di Google per 3 miliardi di dollari acquista un suo senso. Fitbit (braccialetti che rilevano salute e performance fisiche) e Squadre dopo aver raggiunto valutazioni miliardarie sono state in parte ridimensionate dopo le quotazioni sui mercati finanziari. Le cinesi Xiaomi e Dij, la prima produce praticamente tutto quello che è elettronico mentre la seconda è il più grande costruttori di droni del mondo, restano le due startup dell'hardware con valutazioni più alte. Va aggiunta alla lista la più interessante e la più assente, nel senso che di lei si sa pochissimo. La startup su cui ha investito anche Google promette di rivoluzionare la percezione del mondo con una tecnologia per la realtà aumentata. A dicembre ha avviato un nuovo round di finanziamenti per 827 milioni di dollari. La cifra si aggiungerà ai 542 milioni racimolati l'anno scorso da alcuni investitori tra cui appunto Big G. La tecnologia “top-secret” dovrebbe consentire, tramite occhiali, di vedere immagini virtuali che si sovrappongono e si fondono con la realtà.
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