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Lo «speak up» di Cook

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Lo «speak up» di Cook

Nell'incontro alla Bocconi era il manager che guida un gigante consapevole della sua responsabilità sociale. Nell'incontro col premier Matteo Renzi era il leader globale che può influire sullo sviluppo di qualsiasi Paese. Tim Cook, ceo di Apple, conosce la vastità delle conseguenze delle sue decisioni. E dunque: che cos'ha in mente?

Non sempre una grossa azienda è anche grande. La dimensione del fatturato non garantisce la grandezza della visione. La statura della leadership di Tim Cook, ceo della Apple, è destinata a misurarsi con l'enormità delle risorse che può guidare e con la qualità degli obiettivi che si può porre. La Apple in effetti produce denaro a un ritmo devastante. Nell'ultimo trimestre ha fatturato 51,5 miliardi di dollari e registrato utili netti per 11,1 miliardi. E continua a battere record: l'anno fiscale 2015 si è chiuso con un fatturato da 234 miliardi in crescita del 28%, neanche fosse una startup. Il denaro che ha in cassa offre a Cook una libertà di scelta enorme. Un livello tale che il giudizio sulle sue scelte non può essere soltanto limitato alla capacità di generare altro denaro. È chiamato a rilanciare costantemente l'identità di un'azienda che innova con tanta profondità da poter offrire facilità e bellezza alla vita quotidiana dei suoi clienti e da alimentare di opportunità l'ecosistema degli sviluppatori. Ma che va oltre: un'azienda che conosce quanto sia strategico il suo ruolo nel mondo, tanto da lavorare consapevolmente per contribuire incisivamente sulla sostenibilità dello sviluppo e, insieme, la salvaguardia dei diritti dei cittadini, con un'attenzione particolarmente importante per la privacy. E che alle giuste critiche sul trattamento dei lavoratori nelle fabbriche dei suoi fornitori risponde costruttivamente, rendendo trasparente un percorso di miglioramento che si dimostra più attento di quello di altri produttori. Non sempre tutto questo riesce e convince. Ma certamente è questo il percorso sul quale Cook si vuole e si deve misurare.

Anche per questo, non stupisce che l'incontro di una persona come Tim Cook con il premier Matteo Renzi tenda a concentrarsi sul terreno dello sviluppo e del contributo che Apple può dare. L'Italia sta dando prova di poter meritare un'attenzione maggiore di quella che il gigante americano le ha riservato nei decenni precedenti. E trapela che Cook abbia mostrato una disponibilità a investire risorse più importanti nei paesi che le meritano. Non è certo incoerente con l'impostazione strategica di Cook. L'impatto sociale della Apple è certamente misurabile sul piano dei temi globali, come la riduzione delle emissioni con l'obiettivo di arrivare al 100% di consumo di energia da fonti rinnovabili e l'azione di moral suasion nei confronti dei fornitori e dei competitori perché facciano altrettanto. Ma dovrà anche imparare a misurarsi con i temi regionali. Un'azienda consapevole del suo impatto sociale non può non vedere comeil suo ruolo sia in parte diverso nei diversi contesti locali. È un'opportunità che è stata, a quanto pare, esplicitamente considerata da Cook nel quadro del suo colloquio con il premier. Per l'Italia è l'opportunità di alimentare l'ecosistema dell'innovazione locale con il contributo dell'esperienza e delle risorse della Apple.

Sarebbe un cambio di operatività straordinario per una compagnia che in Italia ha sempre pensato soltanto a vendere, anche se non ha disdegnato di ispirarsi alla cultura e al design italiano per molti aspetti della sua progettualità. E anche per questo, un'indiscrezione simile va presa con le molle. Forse può essere coerente con la visione di Cook. Ma di certo darebbe una spinta alla dinamica innovativa di un paese che ne ha ancora molto bisogno.

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