Ricco, ma non saturo. Il mercato delle piattaforme digitali per domanda e offerta di lavoro si è allargato, secondo alcune stime, fino a picchi di oltre 80 miliardi di dollari su scala globale. Le opportunità del business non sembrano in discussione, se si considera il traffico generato da qualsiasi portale, applicazione o algoritmo capace di intercettare il boom di ricerche di impiego online. Meno facile capire il grado di sostenibilità di startup che si affacciano in una scena già densa di player e dominata, nelle cifre, da colossi del calibro di LinkedIn o Monster.
LinkedIn, il gigante dei social network professionali, conta su una rete di quasi 400 milioni di utenti, macina ricavi da 3 miliardi di dollari e ha acquisito 15 start up complementari alla sua attività dal 2010 ad oggi. Monster, piattaforma classica di recruiting, impiega 4mila persone in tutto il mondo e ha chiuso i primi nove mesi dell'anno scorso con ricavi per 507 milioni di dollari.
Numeri così potrebbero schiacciare i margini delle imprese innovative. E invece sono i nodi lasciati in sospeso delle stesse piattaforme tradizionali a offrire terreni di sviluppo, magari con exit milionarie come quelle messe a segno dall'italiana Jobrapido (vedi sotto). Quali sono le carte da giocare? Se si guarda al lato della domanda, le aziende lamentano il rischio di “vetrine” troppo generiche per i propri annunci, senza filtri preliminari sulla qualità dei curricula o altri fattori decisivi nella scelta, dalla sede di provenienza dei candidati alle competenze extracurricolari. Se si guarda ai candidati, il limite sta soprattutto in processi di selezione percepiti come poco trasparenti - se non del tutto inefficaci, a giudicare dal rapporto medio tra curricula inviati e risposte ricevute.
Le premesse spiegano bene gli exploit registrati da marchi Usa come ZipRecruiter, piattaforma che cerca di accelerare le assunzioni con una tecnica essenziale: distribuire un unico annuncio su più di 100 portali e social network, “moltiplicando” la visibilità dei contenuti. La start up ha raccolto 63 milioni di dollari raccolti in un solo round nel 2014, un picco con pochi emuli nel settore.
E in Italia? Il nostro Paese ha visto nascere esperienze di un certo impatto, come rilevano i circa 50 milioni di euro raccolti tra exit e finanziamenti solo da 4-5 delle start up più note. Il caso scuola è Jobrapido, motore di ricerca per il lavoro fondato a Milano nel 2006 dall'imprenditore Vito Lomele e acquisito al 49% nel 2012 dalla società Evenbase (proprietà di Dmgt, il gruppo del Daily Mail) per 30 milioni di euro. Il resto della lista riflette alcuni dei trend che potrebbero dettare il futuro del cosiddetto “smart hiring”, la ricerca di risorse calibrata con i dati del web. Jobyourlife, forte di investimenti da 1,5 milioni di euro, incrocia l'analisi semantica con la geo-localizzazione per individuare i candidati nell'arco di pochi secondi. Face4Job ha veicolato quasi 40mila collocamenti con un sistema che permette di estrarre le competenze più interessanti da un database di curricula a seconda della richiesta espressa dalle società. Gild, americana ma co-fondata dall'italiano Luca Bonmassar, ha attratto quasi 26 milioni di dollari in nove round di finanziamento e sta trasformando in chiave smart la tecniche di selezione di società come Facebook e Hbo: analisi dei dati per rilevare i profili che si sposano meglio con le posizioni aperte.
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