Mentre in Italia la situazione del mercato dei droni civili è in fermento ma anche nebulosa, negli Usa per i droni pare già primavera. Da noi infatti si vive tra le lungaggini infinite dell'Enac per rendere finalmente migliore e market oriented il regolamento in materia (in merito, c'è da segnalare che una delle associazioni di droni italiane, la Fiapr, ha finalmente varcato le soglie del Tempio, ovvero Montecitorio, dove è appena riuscita a far partire un'interrogazione sulla situazione normativa), e l'attesa di passi in avanti significativi, come quello appena registrato a Fieragricola 2016 che, per la prima volta in assoluto, ha ospitato un'area espositiva dedicati ai soli velivoli unmanned, toccasana per la nuova “agricoltura di precisione”. Negli States, invece, nonostante il mercato dei droni sia solo all'inizio e il regolamento non ancora del tutto soddisfacente, il boom dei droni è ormai un fatto.
Lo dimostra in maniera inequivocabile l'annuncio della FAA americana, l'ente che sovrintende e governa norme e mercato statunitenense del volo, che, a margine di un recente meeting del movimento, ha annunciato come per la prima volta il numero delle licenze di operatori di droni supera quello dei piloti di arei civili. La milestone è importante, perché anche negli Usa, come da noi e in tutta Europa, è in corso una battaglia per far emergere i droni dall'anonimato, a tutto vantaggio dell'economia e della sicurezza del settore. A inizio febbraio, quindi in America sono 325mila i piloti di droni, contro 320mila piloti civili.
La svolta è emblematica e la dice tutta sull'impatto formidabile che i mezzi unmanned hanno sull'economia, rendendo obsolete pratiche e attività in molte professioni diverse e anche critiche. Il motivo è che i droni imbarcano una tecnologica miniaturizzata talmente sofisticata e a un prezzo così competitivo, da rendere ormai inutile l'uso degli aerei civili e degli elicotteri per operazioni di safety e sorveglianza privata, rilievi e sopralluoghi nelle grandi opere, misurazioni e manutenzione delle reti energetiche; agricoltura, turismo e tante altre attività. Ma non c'è veramente alcun limite al potenziale degli unmanned, purché operino regolamentati e in assoluta sicurezza per i cittadini.
Il soprasso sorprende ma non troppo ed è arrivato ufficialmente in seguito a un'iniziativa della stessa FAA che, poco prima di Natale, ha lanciato il primo grande programma di registrazione per gli operatori di droni americani, dopo che l'ente aereonautico americano ha annunciato che nel 2016 il numero di mezz unmanned venduto negli States dovrebbe toccare la strabiliante cifra di 1,6 milioni di pezzi. Negli Usa si calcola inoltre che i dronisti posseggano una media di 1,5 velivoli a testa.
La mossa della FAA arriva anche in seguito alle pressioni dell'opinione pubblica e degli addetti ai lavori, preoccupati perché il numero dei droni civili a strettissimo giro potrebbe diventare un problema per il traffico aereo, visto che, in quanto oggetti volanti, nonostante le dimensioni ridotte possono rappresentare un grave pericolo per tutti i normali aerei se interferiscono con le loro rotte rischiando collisioni. Per questo, la NASA ha appena lanciato un concorso, che scade a fine febbraio, denominato “Sky for all”, e destinato a raccogliere le migliori idee per gestire il traffico aereo del futuro: quello in cui a volare non saranno più solo jet di linea e aerei da turismo, ma milioni di piccoli quadri-esacotteri che, se non adeguatamente regolati, rischiano, di portare lo scompiglio nei cieli.
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