«Sono rimasti a discutere una settimana prima di scegliere le viti dei diffusori. Le viti? Ha capito?». Adriano Marconetto, 55 anni, parla sottovoce per non farsi sentirsi da lui. Lui è Giancarlo Sopegno, suo socio e amico. Insieme hanno fondato Yar (http://www.yaraudio.com/), la prima startup ad aver realizzato un sistema audio (amplificatore, due altoparlanti e stand) con prezzo a partire da 250mila euro.
Li incontro a Torino all’incubatore del Politecnico I3p: lui Marconetto, ex Vitaminic un veterano del mondo startup, è l’uomo del business, concreto, commerciale. L’altro, Sopegno, pianista, un passato nell’industria della riproduzione musicale di fascia alta è l’appassionato, il visionario, il maniaco. «È il sogno della mia vita - mi confida - realizzare il sistema audio da appartamento definitivo. Il suono puro».
Sopegno parla lentamente. Racconta di aver fatto il consulente per marchi come Audio Tekne, Yamaha e Mbl, produttori di altissima qualità. Di aver studiato le differenze nell’ascolto in Giappone e in Germania. Di aver imparato ad apprezzare la riproduzione del suono dai migliori.
Gli ultimi quattro anni li ha trascorsi a sviluppare il prototipo insieme a due come lui legati a un universo di perfezione acustica. Fissati con la fisica delle onde sonore. Sono Franco Savio, ingegnere e specialista degli amplificatori e Giacomo Satta, esperto nel design dei diffusori.
Inizia l’ascolto. A un orecchio non allenato, come quello di chi vi scrive, pare di assistere a una seduta spiritica. Se si chiudono gli occhi David Bowie sembra presente in carne e ossa, di ritorno dall’aldilà. Ma l’udito a cui si rivolgono non è comune. E anche le tasche.
«Ne intendiamo realizzare non più di 100 - spiega Marconetto che ci ha messo i soldi - . Tiratura limitatissima. Servizio a domicilio. Per chi è interessato un tecnico del suono verrà per studiare la posizione, impatto del suono e fornire tutte le personalizzazioni in fatto di materiali». Per ora ne hanno venduti due (sono partiti a novembre per un tour internazionale che si presenta molto esclusivo. L’acquario all’interno del quale nuotano questi impianti è piuttosto ricercato. Ha radici nell’analogico, negli amplificatori a valvole e in una cultura della purezza della riproduzione che si è ritirata lassù, in una nicchia dorata dove i sistemi audio costano come monolocali in centro a Milano. «Pensi che noi siamo pure economici se guardiamo al rapporto qualità-prezzo», sottolinea l’uomo del business. I concorrenti a cui guarda Yar sono infatti la grande industria, non solo quindi Yamaha e Bose ma artigiani tecnologici come la svizzera Goldmund o la statunitense Wilson Audio. Alcune sono super-specializzate. Per esempio, le casse di Magico, da sole, costano 600mila dollari.
In prospettiva l’intenzione sembra essere quella di non accontentarsi di soddisfare nababbi e rockstar per scalare di marcia e guardare al pubblico consumer più vasto. Accanto ai cultori dell’audio di qualità ci sono immense praterie dove troviamo dai piccoli diffusori Bluetooth a sistemi più articolati. Negli ultimi mesi, non anni, si sono avvicinate anche startup come quella di Marconetto. Raffaele Salutari e Andrea Cincotto di luxdB hanno sfidato a Las Vegas al Consumer Electronic Show i big dell’audio con il loro sistema in grado di combinare un potente altoparlante di alta qualità con un dispositivo di illuminazione domestica. Tecnicamente è un sistema stand-alone Wi-Fi che che di fatto può essere installato in qualsiasi punto luce e quindi può fungere da portalampada. La francese Akoustic Art ha realizzato particolari diffusori esagonali che consentono di convogliare l’audio in una precisa direzione, senza disturbare altre persone a fianco. Sono partiti qualche giorno fa su Indiegogo a raccogliere fondi. La richiesta era di 30mila dollari. Ne hanno raccolti dopo 24 ore 111mila.
Il momento sembra propizio, quindi. A essere realisti però per i piccoli non ci sono grandi spazi. E il confronto con specialisti nella riproduzione potrebbe risultare impietoso. Tuttavia, sulle nicchie più alte o nelle fasce più basse sembra esserci acqua per navigare. E forse per innovare.
© Riproduzione riservata