Tecnologia

Bruxelles, reti mobili in tilt: le comunicazioni vanno su social e chat

  • Abbonati
  • Accedi
LA TECNOLOGIA DELLE EMERGENZE

Bruxelles, reti mobili in tilt: le comunicazioni vanno su social e chat

(Ansa)
(Ansa)

Le reti telefoniche sono andate in tilt durante gli attentati di Bruxelles e così ancora una volta si è esaltato il ruolo dei nuovi strumenti di comunicazione a supporto di situazioni di emergenza. Le stesse autorità belghe hanno consigliato di usare messaggi, chat per comunicare con i propri cari. Come ha detto il vicepremier del Belgio Alexander De Croo, “i network mobile di Bruxelles sono saturi. Si prega di contattare tramite i servizi online di messaggistica: Facebook, WhatsApp, Twitter. Evitate le telefonate”. De Croo ha aggiunto il suggerimento di tenere il proprio Wi-Fi aperto per consentire a terzi di usufruirne, per le comunicazioni.

Nello stesso frangente, Facebook ha attivato- anche se solo dopo due ore- lo strumento “Safety Check”, già in uso da qualche anno (dallo tsunami giapponese del 2011) proprio per facilitare i contatti in questi casi.

Lo strumento appare a chiunque si trovi nelle vicinanze dell'attentato. Permette di segnalare in modo facile e veloce, a tutti i propri amici, che si sta bene. Nel 2015 950 milioni di utenti Facebook hanno ricevuto questo tipo di segnalazione. Ovviamente funziona solo se l'utente ha permesso a Facebook di sapere la localizzazione geografica (via gps del cellulare).

Su Twitter invece le comunicazioni di emergenza sono affidate alla semplice attivismo degli utenti, non coordinate quindi dalla piattaforma.

Spontaneamente, sono diventati popolari numerosi hashtag come #Brussels, #BrusselsUnderAttack, #BrussellsAttack attraverso cui è possibile seguire le vicende. Così come ci si può informare con l'account Twitter del primo ministro e della polizia federale, che ha molteplici aggiornamenti al minuto. Non solo informazioni, ma anche indicazioni pratiche, come quella di poter finalmente recuperare i propri figli a scuola.

Per la prima volta in un caso simile, emerge anche il ruolo di Periscope per informare e informarsi: molti i live video di chi è si è trovato coinvolto, a vario titolo, nella tragedia.
È una situazione che è ormai consueta, durante le emergenze pubbliche. Si è presentata molte volte durante e subito dopo eventi drammatici su larga scala- attentati terroristici o disastri naturali che siano.

Ossia la crisi dei mezzi di comunicazione tradizionali e l'entrata in gioco dei nuovi.
Ciò che è meno noto è che non ci sono solo Facebook e Twitter a dare potenziale supporto in questi casi. Servizi e app nati dal basso, non collegati a multinazionali, hanno spesso svolto un ruolo importante, in modo magari più mirato, quando si trattava di mettere in contatto- tra loro e con il personale di soccorso- le persone coinvolte in emergenze su larga scala.

Forse il caso più noto è l'app I Am Alive, creata a Beirut dall'allora studentessa Sandra Hassan nel 2014, subito dopo un attacco terroristico. Con un clic sull'app, l'utente può segnalare di star bene, a tutti i propri follower Twitter. I Am Alive è stata scaricata 7 mila volte in 25 Paesi

Ci sono poi app e servizi più specializzati, dove è possibile denunciare i casi di violenza in Siria, Egitto, India. Le segnalazioni sono raccolte su una mappa pubblica online.
Come si vede, la gestione di questo tipo di comunicazioni al momento è fatta in modo piuttosto semplificato da grandi piattaforme (Facebook) o affidata alla volontà degli utenti (Twitter). È invece sofisticata solo su piccoli progetti, specializzati e realizzati dal basso. La politica di Facebook è stata criticata inoltre perché troppo centralizzata: può essere una piattaforma americana a decidere quando e se attivare il Safety Check in qualsiasi Paese del mondo (magari anche in ritardo, come si è visto)?

Forse si può fare meglio, considerata l'importanza di questi mezzi di comunicazione durante le emergenze. Le grandi piattaforme potrebbero svolgere un ruolo più attivo e impegnato, nel fornire strumenti utili agli utenti; ma anche le autorità pubbliche potrebbero giocare questa partita, invece di limitarsi a suggerire l'uso di strumenti gestiti oltre oceano.

© Riproduzione riservata