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Bioupper, ecco le tre startup vincitrici del voucher da 50mila euro

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Bioupper, ecco le tre startup vincitrici del voucher da 50mila euro

In attesa che sull'Italia, e in particolare su Milano, piovano le centinaia di milioni promesse per Human Technopole (non più tardi di poche ore fa anche da IBM), c'è un mondo poco noto, spesso del tutto sconosciuto, ma capillarmente diffuso, e attivo, che lavora per costituire la vera ossatura delle biotecnologie di domani: quello delle start up biomediche.
Quasi versione tecnologica, 2.0 delle PMI, le aziende piccole e piccolissime nate dalla collaborazione tra centri di ricerca, enti che elargiscono fondi e istituzioni è infatti molto più ramificata, e più sana, di quanto la cronaca non riporti abitualmente.
Che la realtà autorizzi la speranza, lo si è visto alla premiazione del progetto BioUpper , percorso lanciato qualche mese fa da Fondazione Cariplo insieme con Novartis, con la collaborazione dell'Istituto Clinico Humanitas, di PoliHub, l'incubatore di imprese del Politecnico di Milano, e del Ministero della salute, incentrato sulle scienze della vita e al quale avevano risposto circa 120 gruppi provenienti da tutta Italia.

Dopo una prima selezione, in dicembre sono stati scelti dieci finalisti, che hanno seguito una settimana di formazione con esperti soprattutto per ciò che riguarda la brevettabilità e lo sviluppo del business; tre mesi dopo la giuria, composta da figure provenienti dai diversi ambiti (quello scientifico così come quello istituzionale e aziendale) si è espressa premiando ex aequo, con 50.000 euro, EVARPlaning, un sistema computerizzato che permette di ricostruire la complessa anatomia dell'aorta addominale, qualora vi si debba intervenire chirurgicamente, al fine di progettare interventi personalizzati e sicuri; Wrap, metodo basato sulle stampati 3D per realizzare medicazioni attive nel trattamento delle ferite croniche o chirurgiche, con chitosano o altri materiali biocompatibili, e Panoxyvir, uno spray nasale attivo sui virus del raffreddore e costituito da ossisteroli, molecole che derivano dall'ossidazione del colesterolo, mai usate finora per questi impeghi.

Ma, come ha sottolineato uno dei membri della giuria, Stefano Mainetti di PoliHub, anche gli altri sette avrebbero meritato uguale sostegno; nello specifico, facevano parte della rosa: Beating Heart on a chip, dispositivo capace di generare microtessuti cardiaci umani per la sperimentazione di farmaci; BrainControl, studiato per facilitare la comunicazione dei pazienti con disabilità fisiche e comunicative tramite la trasmissione del pensiero e strumenti domotici; FluoMagneto, per la somministrazione di terapie antitumorali in nanoparticelle che rispondono a campi magnetici; Math2Ward, piattaforma per algoritmi specifici per chirurghi e, soprattutto, per la stima del rischio di rottura di un aneurisma dell'aorta addominale, nonché per l'indicazione del tipo di protesi e di dispositivo migliore per l'intervento; One4Two, kit genetico per la valutazione in un solo test delle anomalie cromosomiche e genetiche in caso di infertilità; uSTEM, per lo sviluppo di cellule staminali dai pazienti; Siena Imaging, per l'analisi centralizzata delle immagini di risonanza magnetica cerebrale con l'indicazione dei marcatori di danno, utile per neurologi e neurochirurghi.
Il panorama, anche stando solo ai dieci finalisti, è dunque eterogeneo e vitale. Ciò su cui, probabilmente, si deve ancora lavorare, sempre secondo Mainetti, è il versante dello sviluppo, perché spesso chi vuole mettere su una start up non ha abbastanza coraggio, chiede fondi modesti (promettendo quindi ritorni altrettanto ridotti, e scoraggiando ipso facto gli investitori potenziali) o, ancora, non riesce a studiare un piano del tutto credibile per la fase che va dal brevetto al mercato. Da questo punto di vista, BioUpper vuole avere un ruolo che va al di là dell'edizione appena conclusa – la prima –perché cerca di diffondere il più possibile (anche attraverso iniziative come la settimana di formazione) la cultura del corretto approccio al mercato e, al tempo stesso, vuole offrire una vetrina alle aziende più promettenti, a prescindere dal fatto che abbiano o meno vinto.
Il lavoro di BioUpper non finisce qui neppure per i vincitori, che adesso saranno ulteriormente accompagnati con consulenze specializzate e servizi di vario tipo per lo sviluppo dell'impresa.
Infine, se è vero che nel futuro non si potrà più prescindere da queste forme di finanziamento ibride, (da tempo la norma nei paesi più scientificamente avanzati quali la Gran Bretagna e gli Stati Uniti), iniziative come BioUpper sono utili a tutti, perché aiutano a definire protocolli e procedure e, così facendo, cambiano lentamente una cultura accademica che in Italia non è mai stata orientata al mercato, con il risultato di aver spinto sempre più il nostro paese verso la periferia della ricerca applicata: una posizione dalla quale è più difficile recuperare terreno. Serviranno, forse, in tal senso, le grandi progetti con quello dell'area ex Expo milanese, ma forse saranno ancora più utili iniziative che favoriscano la disseminazione di una cultura e di un'impresa diverse, e di tanti piccoli poli di capitale umano, e scientifico.

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