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Dossier Startup: ricavi per 1,5 milioni per Web Stars Channel

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    Dossier | N. 221 articoliPiù start-up con il Sole

    Startup: ricavi per 1,5 milioni per Web Stars Channel

    • –di Alb. Mag.

    Scovare i talenti del web, farli crescere oltre al web. L'obiettivo di Web Stars Channel, la società di consulenza fondata nel 2013 dal manager Luca Casadei, è chiaro fin dal nome: creare un canale di contatto fra i “creator” di Youtube e altre piattaforme e le aziende interessate ad aggiornare la propria strategia di comunicazione.

    Il risultato è un portafoglio di 50 brand e oltre 100 autori, con tanto di alcune stelle come Favij e il gruppo di gamer Mates (10 milioni di fan su Youtube in due, quattro solo per Favij). L'impatto generale? 'azienda ha appena sfondato il tetto dei 30 milioni di utenti, macina 4 miliardi di visualizzazioni e ha chiuso il suo primo fatturato a quota 1,5 milioni. Casadei spiega che la piattaforma è tra le poche «capaci di monetizzare Youtube». Il modello di business, però, non include prelievi dall'attività online: «La società non guadagna dai video degli artisti – precisa - ma da una percentuale del 30% sull'indotto generato in impegni fisici che vanno dall'editoria alla Tv».

    Per restare nel 2015 si parla di 150 progetti gestiti, programmi con canali come Network e Nickelodeon, due album di figurine in collaborazione con Panini (1,5 milioni di figurine vendute) e libri con Mondadori e Rizzoli oltre il traguardo delle 100mila copie. «Questo per ribadire che noi siamo dei consulenti, i nostro ricavi si esprimono in tutto quello che viene prodotto oltre la dimensione social» spiega al Sole 24 Ore Casadei. La sua factory, composta oggi da una squadra da più di 50 professionisti under 30, si è concentrata soprattutto sulla crescita dei cosiddetti youtuber. Ma il suo raggio d'azione non si limita al gigante dei video online, assorbito da Google nel 2006. La selezione passa anche per canali diversi come Facebook e le chat di messaggistica istantanea più popolari. «Facciamo scouting ovunque, dallo stesso YouTube a Snapchat – spiega Casadei - Quando si tratta di utilizzare piattaforme diverse, spieghiamo che bisogna essere in grado di adottare “grammatiche” diverse a seconda dello strumento».

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