Tecnologia

Dossier Startup: video online e Youtube star, poca redditività nel…

  • Abbonati
  • Accedi
    Dossier | N. 221 articoliPiù start-up con il Sole

    Startup: video online e Youtube star, poca redditività nel business da miliardi di utenti

    Miliardi di utenti, qualche star, pochi profitti. La sfida delle reti multicanale, i contenitori di canali su Youtube e altre piattaforme, inizia da qui: trasformare il mercato dei video digitali in un sistema redditizio, capace di finanziare i creator (artisti) e dirottare su di sé una quota crescente di investimenti pubblicitari. Il potenziale non sembra in discussione, soprattutto se si considera la “migrazione” di inserzioni dai canali tradizionali alle nuove frontiere del web. Qualche numero? L'industria video degli Stati Uniti ha visto lievitare del 18% nel giro degli ultimi due anni il budget dedicato ai video mobile, mentre il 50% degli inserzionisti sta trasferendo il proprio budget dalla tv ai più promettenti (e diffusi) video digitali. Un crescendo che potrebbe valere, secondo un'ulteriore analisi di eMarketer, un business globale da 9 miliardi di dollari entro il 2017.

    Le difficoltà, però, stanno proprio nel monetizzare investimenti diretti su contenuti più brevi ed economici di quelli riservati a settori tradizionali come tv o cinema. A insegnarlo è lo stesso modello di YouTube, tanto imponente per popolarità quanto fragile sui numeri finanziari. Il “tubo” attrae un miliardo di utenti al mese e genera 4 miliardi di ricavi l'anno – ma fa ancora fatica a creare utili, contro 3 miliardi di profitti su 12 miliardi di ricavi messi a segno da Facebook. Anche i casi successo cresciuti al suo interno sembrano più stelle solitarie che i prodotti di un sistema collaudato: basti pensare a PewDiePie, pseudonimo di Felix Kjellberg , il 26enne svedese che ha creato dal nulla un canale di recensioni di videogame oggi a quota 42 milioni di iscritti e quasi 11,5 miliardi di visualizzazioni.

    Eppure, i margini su video web non sono un miraggio riservato a una minoranza di artisti e ai talent scout che sono riusciti a capitalizzarne le creatività sotto forma di contratti e progetti complementari. Anche perché non si parla del solo YouTube, ma della possibilità di penetrare su tutte le piattaforme che diano visibilità ai contenuti digitali, adottando il linguaggio a seconda del contesto: dai post di Facebook, ai “cinguettii” di Twitter, alla messaggistica istantanea di Snapchat. Se ne sono accorti i big dei media, con una trafila di acquisizioni che è valsa investimenti per 1,4 miliardi di dollari solo negli ultimi anni. DreamWorks Animation ha acquisito nel 2013 la community di canali Youtube AwesomenessTV per 33 milioni di dollari. Rtl Group ha fatto sua nel 2013 la “scuderia di talenti” Broadband Tv per 36 milioni di dollari (quota del 51%) e nel 2014 il macro-canale di fashion StyleHaul per 107 milioni di dollari (93,6%).

    La Disney ha messo sul piatto 500 milioni di dollari, più altri 450 milioni in premi sulla performance, per inglobare nel suo impero Maker Studios: il leader di mercato dei “video per millennials”, forte di un bacino da 10 miliardi di visualizzazioni mensili, 650 milioni di sottoscrizioni e 55mila artisti sotto la propria ala. E in Italia? Appena lo scorso febbraio la factory milanese Web Stars Channel ha sfondato il tetto dei 30 milioni, con 17 milioni di iscritti al solo canale YouTube e oltre 10 registrati tra i fan di Facebook. BuzzMyVideos, il network di videomaker fondato dall'ex manager di YouTube Paola Marinone, ha incassato nel 2014 da United Ventures un finanziamento da 2,5 milioni di dollari e conta oggi su un circuito di 5mila canali e oltre 21 milioni di sottoscrittori.

    © Riproduzione riservata