L'economia dei beni di seconda mano in Italia vale 18 miliardi di euro e il 38% di questo giro d'affari arriva dalle compravendite via Internet. I numeri dell'Osservatorio 2015 “Second Hand Economy” di Doxa parlano chiaro: quello dell'usato è un settore che “tira” (vi contribuisce, stando ai dati campione, il 50% della popolazione italiana sotto i 45 anni) e che ha nel canale digitale un elemento vitale. Circa 6,8 miliardi di euro sono generati infatti attraverso il Web. L'economia dell'usato gode quindi di ottima salute e la velocità e la praticità d'uso di Internet stanno contribuendo in modo decisivo al suo sviluppo. Soprattutto in alcuni mercati verticali. Delle quattro categorie di prodotti più gettonate - in ordine di importanza elettronica, sport e hobby, veicoli, casa e persona - le auto sono di gran lunga, con 4,2 miliardi di euro, il primo segmento per fatturato sviluppato online; seguono l'arredamento e gli elettrodomestici con 980 milioni, la moda con 360 milioni e l'elettronica con 340 milioni.
Proprio dal mondo delle quattro ruote arriva la conferma di come la “second hand economy”, e quella dei segmenti verticali legati all'e-commerce più in generale, possa essere un terreno florido anche per le startup. Della scorsa settimana è la notizia della chiusura del primo round di seed capital di GoodBuyAuto, il primo mobile marketplace garantito di auto usate in Europa continentale, che inizia la propria avventura con 1,5 milioni di euro raccolti interamente in Italia. Lo spazio per affermarsi in questo ecosistema, insomma, c'è. «Le piccole imprese innovative - spiega Roberto Liscia, Presidente di Netcomm - sono chiamate a trovare modelli distintivi in termini di offerta di prodotto o di servizio all'interno di una nicchia specifica. Ad oggi il nostro Consorzio conta circa 15 startup, fra cui aziende come Lanieri che crea abiti da uomo su misura o Il Pescatore Online che consegna pesce fresco entro le 24 ore. Altre startup basano invece il proprio modello di business sulla predittività dei comportamenti del cliente, sfruttando strumenti di Big Data analysis e algoritmi per calibrare il prezzo e la varietà dell'offerta in base alla domanda».
La possibilità di assistere al successo di nuove realtà verticali, estremamente specializzate e fortemente convinte dei benefici funzionali garantiti dalle tecnologie digitali, sono elevate. E questo perché, come ricorda Liscia, l'e-commerce (che a fine 2015 valeva circa 16,6 miliardi di euro, con una quota di acquisti effettuati tramite smartphone salita a 1,7 miliardi) era ai suoi albori un mondo in cui primeggiavano i prodotti tecnologici ma oggi il campo si è allargato ad altri settori, dalla moda al food, dal design fino all'artigianato. Nell'artigianato ha scommesso per esempio Reputeka, startup trentina che ha raccolto tra il 2012 e il 2015 circa 350mila euro di finanziamenti (di cui 100mila da un investimento seed di un fondo europeo) dando vita a un portale digitale della produzione made in Italy di cui fanno parte oltre 300 artigiani, per un catalogo di circa 3mila prodotti unici.
«Paradossalmente – osserva ancora il Presidente di NetComm - sono proprio le merceologie che intercettano nicchie quelle ad avere la maggiore potenzialità di successo». Da un lato c'è un utente che auspica un servizio in tempi rapidi, geolocalizzato e orientato a soddisfare anche i bisogni più immediati - lo dimostrano, dice Liscia, «casi di successo quali Just Eat e Amazon Prime Now» – mentre dall'altro deve crescere nelle aziende la consapevolezza delle potenzialità del mezzo digitale.
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