Si chiama Jill Watson ed è uno dei nove assistenti del corso di Computer science al Georgia Institute of Technology negli Stati Uniti. La prof ha risposto in modo amichevole per quattro mesi alle domande di 300 iscritti al corso online di intelligenza artificiale. Jill non interagiva con gli studenti sorseggiando caffè e digitando sulla tastiera di un pc dagli uffici ad Atlanta di uno dei più importanti centri di ricerca tecnologica americano, bensì attraverso un server. Perché Jill Watson fisicamente non esiste, è un chatbot (assistente virtuale) programmato dai ricercatori dell'ateneo avvalendosi della tecnologia IBM Watson e messo a punto dopo un training su 40mila richieste postate su forum e inviate via mail.
Lo scorso marzo l'algoritmo ha fatto il suo debutto rispondendo in diretta alle domande più semplici cioè solo a quelle che avevano una corrispondenza al 97% con i dati in suo possesso. Secondo il Wall Street Journal, la maggior parte degli studenti non si è accorta di interagire con un robot, poiché Jill è stato creato imitando alla perfezione l'interazione tipica tra allievi e professori fatta anche di espressioni colloquiali come “Yep” e “We'd love you”. Ora il professor Ashok Goel ripeterà l'esperimento anche il prossimo semestre, e sfiderà le matricole a scoprire sotto quale pseudonimo si nasconde il nuovo bot. Il suo obiettivo è quello di limitare l'abbandono dei corsi online dovuto anche alla mancanza di assistenza da remoto. In questo modo, afferma Goel, i veri professori potranno dedicarsi a rispondere a domande più complesse e non di routine e a fornire un servizio migliore a chi si iscrive.
Non tutti i test di intelligenza artificiale hanno avuto lo stesso successo. A marzo Microsoft ha dovuto zittire il chatbot Tay lanciato su Twitter poiché il software, che doveva rispondere ai giovani come se fosse una persona vera imitando quello che leggeva, ha cominciato a dire cose terribili trasformandosi in poche ore in un adolescente razzista e xenofobo.
© Riproduzione riservata