Tecnologia

La realtà virtuale uccide la narrazione? Ecco i business…

  • Abbonati
  • Accedi
ANALISI

La realtà virtuale uccide la narrazione? Ecco i business più innovativi (e sensati)

I soldi, quelli, non dovrebbero proprio mancare. La realtà virtuale ha scatenato fan della fantascienza, analisti di ogni risma, convinto piccole e grandi aziende a sbilanciarsi aprendo linee di credito per sperimentare quella che sembra essere a tutti gli effetti la più affascinante scommessa tecnologica degli ultimi 20 anni. Consideriamo Htc, per esempio. I taiwanesi non navigano in buone ma hanno in mano il kit per la realtà virtuale più completo e interessante (la prova di Htc Vive nel box sotto). Per popolarlo di idee e contenuti hanno lanciato un programma di finanziamento da 100 milioni di dollari rivolto alle startup.

Quello delle nuove imprese è, non a caso, il mercato più vivace e dinamico. Tanto che cominciano a spuntare operazioni milionarie come nel caso di Lucid Sight, lo studios made in Los Angeles, che ha chiuso un round di finanziamento da 3,5 milioni di dollari. Più significativi poi sono i numeri della Cina, che non resterà a guardare. Pare che sia proprio il presidente Xi Jinping ad aver spinto in questa direzione. Dal 2014 sono stati aperti 1600 incubatori hi-tech e sarebbero 200 le startup nate per lavorare nel campo della virtual reality. In tre mesi nel mondo avrebbero raccolto secondo Digi-Capital investimenti nell'ordine del miliardo di dollari.

Una pioggia di denaro quindi che però è ancora in cerca d'autore. Per quanto i tempi per avere un contatto casalingo con il virtuale sono piuttosto dilatati: Mark Zuckerberg insolitamento cauto ha delineato un orizzonte temporale di dieci anni. Le certezze riguardano per ora solo il gaming. Nel senso che sarà il primo vero mercato-palestra (Playstation Vr, Oculus Rift, Samsung Gear) per misurare i feedback economici e non degli utenti. Il cinema invece lascia un po' perplessi (si legga la cronaca dell'International Film Festival di San Francisco). E' un po' come comandare con il visore una telecamera all'interno del film. Per gli addetti ai lavori significa la morte della na rrazione: lo spettatore nel migliore dei casi è libero di distrarsi guidando lui stesso l'accadere degli eventi. Nel peggiore, quando non c'è un adattamento ad hoc all'interattività, il nostro ruolo è quello di un “intruso” con diritto di ruotare il capo a 360 gradi.

Più interessanti sono proprio per questo le applicazioni per il turismo che con le stesse meccanici ci portano in luoghi lontani o al di fuori delle nostre possibilità (o volontà nel caso di una prigione). Ma sul ciglio della frontiera sono altri i business dove si sta procedendo più spediti ma senza grandi annunci. La ricercatrice Kathi Vian dell'Insititue for the future sta studiando la blockchain applicata alla Vr. L'industria dell'automotive la usa già per il design e la progettazione. Anzi, l'applicazione di Oculus più clamorosa, mostrata un po' sotto traccia durante le fiere di elettronica, è proprio una sorta di videoconferenza virtuale dove due persone oltre a condividere a distanza una spazio virtuale comune possono collaborare su progetti tridimensionali. Nell'education Google che ha appena annunciato DayDream, una piattaforma per la Vr ha intenzione di avviare sperimentazioni nelle classi mettendo a disposizione 100mila dispositivi. Simulazione e training dunque, declinati nei vati settori. Ma anche big data: nel settore dell'energia gli ambienti in 3D sono usati per visualizzare ed elaborare enormi quantità di dati. In questa direzione l'applicazione più convincente è visionaria è quella che vede la Vr come una protesi dell'uomo. Uno strumento in grado di renderci padroni del nostro ambiente di lavoro. Di potenziare le nostre mani. Andare oltre i limiti fisici. In fondo, è tutta qui la vera e unica promessa della realtà virtuale.

© Riproduzione riservata