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Amazon, ecco come l’e-commerce sta rivoluzionando la logistica

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Amazon, ecco come l’e-commerce sta rivoluzionando la logistica

In cinque anni ha scalato molte posizioni: da responsabile della logistica italiana, a Technical Advisor globale, passando per mansioni europee. Quello fra Stefano Perego e Amazon è un matrimonio che funziona. Italianissimo, ma residente a Seattle (dove il colosso di Jeff Bezos ha l'headquarters), ha studiato al Politecnico di Milano. Oggi è considerato fra le persone più influenti, all'interno di Amazon, in ambito logistica. Una logistica che, come ci dice in questa intervista, «corre veloce», ma che forse fatica a tenere il passo dell'eCommerce.
Partiamo dal leit motiv di queste settimane: i robot ruberanno il lavoro agli esseri umano?
Non mi piacciono le previsioni. Sicuramente c'è l'esigenza di introdurre i robot nella produzione. Ma non è un replacement a 360 gradi delle attività dell'essere umano. Ci sono funzioni che sono e resteranno degli uomini. Diciamo che l'introduzione dei robot riguarda le funzioni più ripetitive. L'attività di picking è un'attività che la tecnologia nel tempo migliorerà, nel senso che la robotizzazione di questa attività è plausibile, e in parte già esiste. Se devo immaginare il futuro, vedo un lavoro di robot affiancati da individui. E poi c'è un altro punto da sottolineare: le macchine da sole non funzionano. Quindi cambierà anche il ruolo dell'operatore e le sue competenze.
In questo senso, Amazon a che punto è?
Ancora siamo alle fasi iniziali. Abbiamo 13 magazzini su 160 dove robot e uomini lavorano negli stessi spazi. Ai robot, in questi magazzini, è affidata l'attività di prelievo. Abbiamo grandi superfici, i robottini ricevono l'input, prelevano il prodotto (in realtà un'intera parte di scaffale) e la portano all'operatore. Così l'operatore non fa più il tragitto. Per noi, comunque, semplificare il percorso di un operatore è un obiettivo costante, e quello dei robot è solo l'ultimo step di un lungo sforzo. Robot a parte, la tecnologia e i software hanno già fatto tanto, consentendo di ottimizzare la divisione del magazzino in aree.
E l'utilizzo dei Big data?
L'utilizzo di grosse quantità di dati sui consumi per decidere e semplificare il nostro inventory è determinante. Un esempio: se grazie ai dati sai che al Sud si comprano più ombrelloni per il mare, puoi predisporre il magazzino in modo da ridurre i tempi di consegna.
Secondo Amazon che mercato è quello italiano?
È un mercato molto attivo e interessante. La distribuzione geografica degli abitanti fa dell'Italia un Paese che si presta molto al commercio elettronico. Trovo molte similitudini fra l'Italia e la Gran Bretagna. Sono Paesi che, per caratteristiche, sposano bene il concetto di eCommerce. I consumatori prestano molte attenzioni a questo settore. E i tassi di crescita del commercio elettronico in Italia lo confermano. Poi, però, esistono dei fattori che devono abilitare l'eCommerce, e a mio modo di vedere sono due: la fase di trasporto e le strutture digitali.
Negli Stati Uniti state sperimentando Amazon Flex, un servizio basato sulla sharing economy che rende fattorino chiunque lo voglia. È la nuova frontiera della consegna?
Il concetto di flessibilizzare il trasporto, indipendentemente da quale sia il metodo, deriva da esigenze sempre più stringenti. Prendiamo l'Italia: molti corrieri chiudono la saracinesca il venerdì sera e la riaprono al lunedì. È un po' anacronistico, ormai, davanti a consumatori attivi anche di sabato e domenica. Le reti di trasporto dovrebbero seguire quelle che sono le tempistiche del commercio: sette giorni su sette.
E i droni?
La consegna attraverso i droni diventerà una realtà. Ma non per come è stata intesa finora. Le consegne con i droni sono applicabili in specifiche situazioni che rappresentano una percentuale molto bassa del totale delle consegne. Non certo per servire un condominio di Milano, per esempio.
Come se la immagina la logistica fra vent'anni?
Me la immagino sostanzialmente senza frontiere. Una logistica globale, con movimenti ottimizzati su scala mondiale. Che non vuol dire necessariamente di spostare i prodotti. Anche perché fra vent'anni magari ci saranno tecnologie che consentiranno il 3d printing di certi prodotti e dunque si sposterà anche il luogo di produzione. E immagino un manifatturiero che si avvicinerà sempre di più alle reti logistiche. Oggi i distretti manifatturieri sono essenzialmente in tre aree del mondo: sudest Asia, Cina e India. In futuro le distanze da produttore a consumatore potrebbero abbreviarsi notevolmente, e magari questi Paesi si stanno già attrezzando per soddisfare la domanda interna.
Ci saranno ancora, fra trent'anni, i negozi fisici?
È difficile dirlo. Probabilmente molto dipenderà dal settore. Che ci sarà una riduzione delle superfici commerciali secondo me è verosimile. Ci saranno degli oggetti per i quali la gente preferirà andare ancora al negozio, altri per li quali Internet spazzerà via la concorrenza. I prodotti che hanno uno standard (dai giocattoli all'elettronica di consumo a tutto quello che non ha bisogno di essere toccato con mano), si prestano già tantissimo all'eCommerce. In futuro credo che le connessioni delle reti logistiche saranno tali da scatenare una contrazione di quelle che sono le grossi superfici commerciali. Già oggi i grossi retailer stanno ripensando alle loro superfici commerciali.
Come vanno le cose al magazzino italiano?
Su Piacenza stiamo lavorando ad ampliare il magazzino con altri 20mila metri quadrati. Nel magazzino italiano, inoltre, c'è un'area in test che stiamo testando solo qui e in un altro magazzino negli Stati Uniti. È un'area dedicata al packaging. Grazie a una partnership con un'industria umbra, che dispone di tecnologie di eccellenza in quest'ambito, stiamo portando avanti questi test. E devo dire che l'Italia, ormai, fa un po' da apripista per Amazon in Europa. Ci sono tre temi sui quali l'Italia deve ancora lavorare tanto: l'infrastuttura digitale che consenta agli utenti di connettersi; la fase di trasporto e poi la flessibilità sulle catene di logistica. Oggi in Italia sono un po' “arcaiche”, per cui è auspicabile che ci sia più cooperazione fra i diversi attori della catena logistica.
Avete acquistato aeroplani e navi. L'idea di Amazon è quella di avere una logistica proprietaria?
La risposta secca è no. Non vogliamo farci tutto in casa. Il problema nasce quando non trovi la capacità per soddisfare il bisogno del cliente. E allora qualcuno lo deve fare. Prendiamo l'esempio dell'UK. Se oggi c'è una flotta di mezzi di Amazon Logistics, non è perché a tutti i costi Amazon voleva farsi le consegne da sola. Ma ci siamo trovati di fronte all'incapacità di soddisfare la domanda. Il corriere tradizionale non ci dava più i mezzi per soddisfare il cliente. A quel punto, o metti un freno all'espansione dell'eCommerce, o ti fai la logistica. Negli Stati Uniti abbiamo una flotta di 40 aeroplani. Ma li abbiamo perché altrimenti a Natale non riuscivamo a fare le consegne. Se il trasporto non è all'altezza della qualità dell'eCommerce, diventa un freno per lo stesso eCommerce.
L'eCommerce, dunque, viaggia più veloce della logistica…
Assolutamente sì. Per questo il trasporto deve cambiare marcia. Il trasporto è un fattore abilitante fondamentale del commercio elettronico. Non vogliamo farci tutto in casa, ma nel momento in cui bisogna garantire un servizio al cliente e non c'è nessuno che ci aiuta a farlo, non ci rimane che metterci in gioco.

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