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Startup, il mercato del venture capital sale a 120 milioni (+50%) ma i fondi restano pochi

Il mercato italiano dei venture capital ha chiuso il 2015 con 77 operazioni e una stima di 120 milioni in investimenti: un balzo di +50% rispetto agli 80 milioni del 2014, nonostante il doppio handicap di scarsità di fondi attivi e finanziamenti in circolazione. È la fotografia sul circuito dei capitali di rischio del 2015 scattata dall’ottavo Rapporto di ricerca Venture capital monitor, realizzato dall'Osservatorio venture capital monitor della Liuc Università Cattaneo con il supporto dell'Aifi (Associazione italiana del Private Equity, Venture capital e private debt). Lo studio prende a campione gli investimenti in imprese innovative, divisi in questo caso tra seed (finanziamenti all'idea embrionale di impresa) e startup (finanziamenti all'impresa appena avviata).

Il dato positivo è l'aumento di 40 milioni netti negli investimenti totali tra le operazioni “pubbliche” registrate dall'Aifi, a fronte di 48 investitori attivi (erano 33 nel 2014) e 126 investimenti (contro i 112 di un anno prima). Meno incoraggiante la crescita delle operazioni (solo +8%, da 71 a 77) e l'entità degli investimenti: media di 0,2 milioni per le operazioni seed e 2 milioni per quelle in fase di startup, ancora lontani dallo standard generale di 2,7 milioni registrato nel 2010.

Non riservano troppe sorprese, in compenso, né i settori più finanziati né le regioni più dinamiche. Tra i primi continua a dominare l'Ict, anche se ridimensionato (40% contro il 56% del 2014) in favore di terziario avanzato (27%, in crescita dal 21%) e grande distribuzione (6%). Tra le seconde si conferma il primato della Lombardia (38% del mercato), prima sul podio spartito con Piemonte (13%) e Lazio (12%).
Anna Gervasoni, direttore generale Aifi e professore ordinario di Economia e gestione delle imprese alla Liuc, non è delusa dal risultato: «La crescita c'è. Non ci aspettavamo un incremento elevato, a due cifre, perché stiamo aspettando l'apertura di nuovi fondi: fintanto che non arrivano quelli si fa fatica a vedere una crescita consistente». Gervasoni si riferisce al gap con il resto d'Europa per totale di fondi operativi: in Italia si fa fatica ad arrivare a quota 20, contro la media di 40-50 nel Continente. «Dobbiamo avere più fondi venture capitale e più capitali, anche per finanziare il secondo giro di finanziamenti: cioè, la fase successiva all'early stage» dice Gervasoni.

Le operazioni di finanziamento delle startup
Dal 2005 al 2015 il numero di operazioni (Fonte: Osservatorio venture capital monitor della Liuc Università Cattaneo con il supporto dell'Aifi)

L'altro incentivo al sistema dei capitali di rischio potrebbe arrivare da un maggiore coinvolgimento dei gruppi corporate, nella veste di acquirenti delle startup finanziate dai venture capital. Una spinta decisiva, soprattutto se si considera il magro bilancio di exit (vendita di quote) dell'ecosistema italiano: appena 9 operazioni sulle 594 rilevate in tutta Europa da Tech.eu nel 2014. «Bisognerebbe creare dei canali di cessione di partecipazioni per stimolare di più i gruppi corporate, spingendo le aziende a comprare dai portafogli dei venture capital – commenta Gervasoni - Le exit sono complicate, e lo sbarco in Borsa non si rivela sempre un buon canale». I dati forniti da altre realtà stimano già un boom per il primo semestre 2016, con un ammontare di investimenti capace di pareggiare il conto dell'intero 2015. «Noi possiamo solo basarci sui nostri dati, che segnano una crescita – spiega Gervasoni – Di sicuro, però, oggi c'è un ecosistema molto più vivace e più attivo di qualche anno fa. L'ideale sarebbe qualche attenzione in più dal mondo corporate».

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