
C'è tanto senso della famiglia in questo Gears of War. Il quarto capitolo è un tributo alle origini e al tempo stesso la scoperta di una maturità inaspettata. Accusato dieci anni fa di essere un gioco macho, pulp e un po' cafone con il tempo si è ingentilito. Senza peraltro stravolgere quella vertigine di sano disprezzo nei confronti dei mostri spaziali che ha sempre accompagnato la serie. Ai temi del cameratismo, dell'amicizia si sono così aggiunte dimensioni più mature, non più profonde ma più moderne.
Ma proviamo a riprendere le fila del discorso. Con Gears of War 3 la guerra con le Locuste è archiviata. L'umanità può cominciare a rifiatare. Ma una nuova minaccia è pronta a colpire.
Il single player è presto detto. Dopo essere sfuggiti a un attacco al loro villaggio, JD Fenix e i suoi amici, Kait e Del, devono salvare coloro che amano e scoprire l'origine di un nuovo, mostruoso nemico. Più horror che fantascienza, più combattimento che contemplazione. Tutto fila piuttosto lineare. E poi c'è la paternità. Le digressioni sul rapporto teso di Jd con Markus sono un intermezzo che rilassa e conquista. Ci sono poi anche le relazioni con gli altri personaggi. Con la famiglia sempre al centro della tela.
Cosa ci è piaciuto. La campagna cooperativa per due giocatori, in locale con modalità schermo condiviso, oppure su Xbox Live o LAN funziona. I marines tozzi sono più agili che mai. Saltabeccano da uno riparo all'altro garantendo azioni vivaci e situazioni tattiche non troppo banali. Giocato in cooperativo insomma è molto efficace. La modalità Orda e il multiplayer competitivo sono dunque la cosa migliore del gioco.
Ecco Gears of War 4: Markus, JD Fenix e i piaceri della paternità
Cosa non ci è piaciuto. Superato il numero 3 di solito questo tipo di giochi sbracano. Quando va bene si riducono a dichiarazioni d'amore alla serie, a uso e consumo dei fan più fedeli. Anche Gears of War non sfugge a questo tic. Ecco perché, nonostante la linearità della narrazione, ai vecchi giocatori qualche sana emozione riuscirà a scatenarla.
© Riproduzione riservata