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Un alleato chiave nel dopo Brexit

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Un alleato chiave nel dopo Brexit

  • –Mario Platero

L’ «endorsement», la sottoscrizione della “dottrina Renzi” da parte di Barack Obama in questa visita di Stato a Washington è stata incondizionata, come non ci era mai capitato di ascoltare in passato nei confronti di un leader italiano. C’è stato un incoraggiamento a procedere lungo la strada delle riforme e dunque a votare sì al referendum e c’è stato un appello per cambiare le regole europee che imbrigliano la crescita. Continua pagina  5

Mario Platero

C’è stato anche un appello pubblico a Matteo Renzi perché continui a guidare il paese anche se il referendum sulla riforma costituzionale non passerà.

Posizioni così esplicite di un Presidente americano su questioni che riguardano un voto interno italiano saranno certamente confuse dai più e strumentalizzate da molti come una “intrusione” dell’America nei nostri affari interni. Da condannare. Non potrebbe esserci nulla di più sbagliato, sia nell’interpretazione dei fatti che nelle conclusioni. Con quel suo modo di fare pacato e riflessivo Barack Obama ha urlato una verità davanti agli occhi di tutti noi ben più importante del referendum italiano: «In Europa c’è una stagnazione che ha fatto da embrione ai populismi...In Europa c’è una generazione perduta per colpa della miopia di politiche per l’austerità invece che per la crescita». Peggio: «...Se non cambierà strada, l’Europa rischia di sgretolarsi».

Il messaggio dunque è forte soprattutto per Bruxelles e per la Germania che si ostinano a trattare accordi siglati in ere geologiche diverse come se fossero scolpiti nella pietra, senza capire che in un circostanze eccezionali si possono, anzi, si devono adottare misure eccezionali. Obama è dunque angustiato teme che la sua “legacy”, la sua “eredità storica” possa essere travolta da un fallimento europeo con radici negli anni della sua amministrazione. Come sappiamo, come sa chiunque si guardi attorno per registrare il decadimento della cultura politica, Obama ci ha parlato di una verità chiarissima davanti a noi. Non è un caso che questo suo messaggio ci sia stato in coincidenza con l’ultima visita di stato della sua amministrazione. Ha voluto lasciarci con una riflessione, ha voluto implorare che si passasse dalla strumentalizzazione alla ragione. E ha fatto un passo in più: ha chiesto che la staffetta del suo messaggio sia raccolta proprio da Renzi per un suo «ruolo di leader europeo e non solo italiano» come ci ha raccontato il segretario di stato John Kerry durante una colazione al dipartimento di Stato.

In questo contesto storico di fragilità dell’Unione Europea, il voto italiano è dunque un passaggio. Ma è un passaggio chiave per il Presidente americano. Perché dopo Brexit occorre serrare le fila. Dopo Brexit Obama ha fatto ricadere ieri sugli italiani la responsabilità per una tenuta dell’Europa. Un no al voto italiano in dicembre infatti sarebbe interpretato come un no al futuro dell’Europa da parte di coloro che per ragioni molto diverse da quelle della Germania e dei burocrati della Commissione hanno cavalcato Brexit come simbolo dello “sgretolamento” possibile.

Che l’Europa cambi dunque, che si renda conto che le scelte per un deficit spending più flessibile come ponte per una crescita sostenibile diventano essenziali per la sua stessa sopravvivenza. «Draghi da solo non basta» ha detto a un certo punto Obama. E se i semi di questo cambiamento necessario non saranno annunciati presto, se le concessioni anche all’Italia non ci saranno, l’ombra lunga della stagnazione di cui ci ha parlato Obama, la disperazione della generazione perduta che non vede un futuro, non potranno che tradursi in una protesta e in un altro passo in avanti verso quello sgretolamento che nell’intimo dei nostri cuori nessuno, ma proprio nessuno credo possa davvero auspicare.

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