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Quando la fantascienza non si distingue dalla realtà

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Fantascienza Fiction e altro

Quando la fantascienza non si distingue dalla realtà

Da quando, nel 1926, Hugo Gernsback, il fondatore della rivista «Amazing Stories», inventò il termine per definirla, la fantascienza è stata ricettacolo di qualsiasi fantasia riguardasse l'impatto di una tecnologia o una scienza, più o meno immaginarie, sulla società o l'individuo.
Inevitabile che, nel farlo, sia anche stata uno dei filtri privilegiati per raccontare sogni e speranze delle epoche che l'hanno partorita. O, al contrario, per rifletterne gli incubi più spaventosi.
Dopo l'accelerazione tecnologica degli ultimi lustri, il genere sembra tornato a una nuova età dell'oro. Complice la varietà di formati e supporti – dal cinema ai videogiochi, passando per canali televisivi monotematici – come pochi altri periodi, oggi la “scientific fiction” è frequentata con assiduità e profitto da produttori e pubblico.
C'è però una novità: mai come ora le aspettative e le ansie cristallizzate dal genere sono sembrate così vicine, poco futuribili e terribilmente famigliari.

Mr. Robot: Virtual Reality Experience - 360°

MR ROBOT VIDEO 

Le oscure dietrologie informatiche di “Mr. Robot” (USA Network) appaiono forzature inverosimili?
Lo si spieghi alla Dyn e ai suoi clienti illustri, fra cui “Financial Times”, “New York Times”, Twitter, ebay e Netflix, che lo scorso 21 ottobre hanno subito uno degli attacchi DDoS più violenti a memoria recente e proprio mentre hacker cinesi violavano i computer della portaerei statunitense Ronald Reagan.
In tv, “Westworld” (della Hbo, su Sky Atlantic in Italia) o “The Expanse” (Syfy), la prima ideata da Jonathan Nolan e Lisa Joy e ispirata alle fantasie robotiche di Michael Crichton, la seconda basata sulla space opera degli scrittori Daniel Abraham e Ty Franck, sembrano solo spostare un po' più avanti lo sguardo di chi segua campi di ricerca e sperimentazione come la cibernetica, il deep learning, lo sviluppo di intelligenze artificiali anche a scopo ricreativo – quand'anche erotico, come fanno le startup VrGirlz o holodexxx.
E mentre l'imminente tsunami di film dedicati al nostro futuro nello spazio o a prossimi incontri ravvicinati del terzo tipo (“Arrival”, di Denis Villeneuve, “Passengers” di Morten Tyldum, “Life” di Daniel Espinosa) si riflette in una tendenza identica nel videogioco (“Robinson: The Journey”, “Adr1ft”, “Deliver Us the Moon”, “Elite: Dangerous - Guardians”, “Eve: Valkyrie”), se ne ritrovano temi ed estetiche uguali anche nelle dissertazioni un po' meno fantasiose di “Mars”, docu-fiction prodotta da Ron Howard che National Geographic Channel dedica questo mese alla corsa verso il Pianeta Rosso, come pure nei video promozionali che soprattutto SpaceX, l'impresa spaziale di Elon Musk, va contrapponendo ai programmi della Nasa.
È peraltro significativo che proprio l'agenzia spaziale americana abbia collaborato al capitolo più recente di “Call of Duty” (“Infinite Warfare”), fra le serie più fortunate dell'industria videoludica.

C'è chi sostiene, come lo studioso Richard Grusin, già direttore del Center for 21st Century Studies della University of Wisconsin, che dopo l'11 settembre i mezzi di informazione principali non facciano che “pre-mediare” gli avvenimenti, sì da preparare una risposta emotiva del pubblico in vista di situazioni e scenari che potrebbero realizzarsi.
Il fatto è che via da fantasie a lungo termine, quanto raccontato sembra circondarci. Qui e ora.
Lo dimostra più di ogni altra “fiction”, la terza stagione di “Black Mirror” (su Netflix dallo scorso 21 ottobre), sorta di “Ai confini della realtà” contemporanea in cui alle ansie atomiche o al “pericolo rosso” di un tempo si sostituisce l'impatto della tecnologia sulla vita di ogni giorno.

Black Mirror terza stagione

VIDEO BALCK MIRROR 


Ideata e scritta da Charlie Brooker, enfant prodige dei media britannici ed editorialista del “Guardian”, la serie racconta di ricatti digitali (“Zitto e balla”), passatempi virtuali indistinguibili dalla realtà e capaci di uccidere (“Giochi pericolosi”), aldilà digitali (“San Junipero”), pericolose derive da social network (“Caduta libera”).
Ma è difficile non intravedervi rimandi tutt'altro che campati per aria alla cronaca recente, fra l'email controversy di Hillary Clinton – proprio come nella serie, tinto di sexting – o startup come eternime, specializzata nel resuscitare i defunti tramite dettagliate indagini delle loro “tracce digitali”. Per non dire delle minacce di morte recapitate la scorsa settimana via Twitter e Facebook a Miles Jacobson, direttore di produzione di Sports Interactive e reo di non aver localizzato in Cina “Football Manager 2017”, la fatica più recente del suo studio.
Mentre l'Agenzia Spaziale Europea si interessa all'opportunità di ibernare gli astronauti su tratte interplanetarie, gli americani temono sabotaggi informatici durante lo scrutinio elettorale, e in Turchia si sospettano censure politiche all'uso dei social (l'allarme è stato dato dal servizio di monitoraggio Turkey Blocks, nella notte fra il 4 e il 5 novembre) è sempre più difficile distinguere cosa sia fantascientifico. E no, la colpa non è di Hugo Gernsback.

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