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I Bitcoin sono una nuova, potentissima forma di hacking? 

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recensione

I Bitcoin sono una nuova, potentissima forma di hacking?

Adesso sembra arrivato il turno della finanza e del mondo del denaro. Prima era toccato ai provider di contenuti globali, giornali, case discografiche, major hollywoodiane e non: tutti sconvolti (e con loro chi ci lavorava dentro, giornalisti, musicisti, videomaker) dal digitale che ha perturbato il sistema di aggregazione, pubblicazione e distribuzione dei contenuti attraverso le brutali ondate di mutazioni dell'Internet che hanno colpito in pochissimo tempo gli equilibri socio-economici mondiali.


Adesso sono le banche, le più vecchie istituzioni del mondo, a tremare perché con l'avvento del Bitcoin, delle criptovalute, è minacciato il loro ruolo storico di intermediazione (monopolio) nell'emissione e gestione della moneta. Un libro appena uscito per i tipi di Agenzia X, “Hacking Finance”, scritto a quattro mani da Francesco De Collibus, filosofo esperto di informatica e da Raffaele Mauro, Innovation Manager del Gruppo Intesa, coglie la palla al balzo e prova a spiegare il fenomeno dei bitcoin inquadrandolo come la nuova, potentissima, forma di hacking che promette di democratizzare la gestione del denaro nel mondo.
Avete letto bene: giusta o sbagliata che sia, questa previsione non è campata per aria, e per capirlo basta leggere un articolo recente del Financial Times che illustra come un team speciale di Bank of England sta portando avanti un programma sperimentale di criptovaluta. Spiegati alla svelta con parole degli autori di “Hacking finance”, i Bitcoin consistono in “scambi di risorse tra pari fondati sul reciproco accordo, senza soggetti terzi in grado di controllare ed estrarre valore e che hanno un potenziale democratico e di decentralizzazione senza precedenti”.
In sintesi, questa tecnologia consente di scambiare denaro in forma anonima in modalità peer-to-peer sicura (anche se sono capitati incidenti e i protocolli di sicurezza sono ovviamente in cima alla lista delle questioni da risolvere): vale a dire, chiunque può diventare una banca, o meglio, può diventare il banchiere di se stesso.
Va da sè che il potenziale rivoluzionario che porta in pancia questo nuovo step della tecnologia peer-to-peer è una minaccia per gli equilibri del globo e per le istituzioni bancarie mondiali, che, se da un lato chiudono sedi e filiali in tutto il mondo, dall'altro non stanno a guardare e si muovono per capire come cavalcare l'onda, attratti per ora anche dal risparmio enorme che il Bitcoin promette anche per loro.
Hacking Finance racconta come a partire dalla crisi del 2008-9, anche in finanza è penetrato l' “approccio hacker”, ovvero centinaia di sviluppatori e start-up internazionali tutti impegnati a “smontare la scatola” senza che i governi centrali, per ora, riescano a controllarli. Per capirci, per gli autori si tratta di “centinaia di iniziative relative alla gestione dei pagamenti, al trasferimento di denaro, alla gestione del risparmio e degli investimenti, alla trasparenza, alla costruzione di contratti di natura decentralizzata e anonima”.
Il libro disegna un scenario ricchissimo, con molti riferimenti a protagonisti e alle criptomonete esistenti: è a metà tra un saggio di critica socio-economica sul tema e un manuale operativo per dummies, con la spiegazione step-by-step, di come è possibile in modo relativamente semplice, diventare degli hacker finanziari, ovvero crearsi da sè la propria criptomoneta. Naturalmente, gli autori avvisano che un utilizzo criminale delle criptomonete è uno dei problemi da affrontare, così come le nuove diseguaglianze che, a sorpresa, i Bitcoin potrebbero innescare.
Alla fine ci sono tre scenari possibili: quello utopico, in cui davvero il potenziale di decentrazione finananziaria dei Bitcoin aumenterà la democratizzazione e sancirà la fine dei monopoli. Ma è possibile che gli elefanti riescano a muoversi più in fretta del previsto e riescano a dominare l'onda tecnologica anche questa volta. Più probabile forse uno scenario “misto”, con molti cambiamenti, in cui, sarà cruciale riuscire a “far coesistere in modo armonico l'evoluzione delle nuove reti con l'erosione progressiva o la reinvenzione radicale del ruolo delle vecchie istituzioni, evitando shock sistemici e contraccolpi luddisti”.

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