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1/5 Milestone – «Valentino Rossi The Game» e «Ride 2»

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    Sviluppare videogiochi in Italia? Cinque storie dell'industria indipendente

    Di seguito, una breve panoramica sui nomi italiani da tenere d'occhio. Lungi dall'essere esaustiva, vuole però dar conto di sviluppatori diversi per dimensioni, strategie e approccio ai contenuti. Ed essere, in questo senso, indicativa di un fermento dalle tante anime diverse che può, se ben governato, aprire un mercato nuovo per il Paese. Si dice che il 2016 sia stato un anno d'oro per il gaming italiano. Non è del tutto vero. Ma un po' sì. Mentre i numeri non permettono trionfalismi – nonostante la crescita rilevata dal censimento degli sviluppatori reso pubblico martedì, è impossibile parlare di un'industria fiorente -, è indubbio che i segnali di crescita vadano accumulandosi come mai prima. È per di più da considerarsi epocale per il settore la legge di riforma del Cinema e dell'audiovisivo approvata dalla Camera a inizio novembre: per la prima volta i videogiochi vengono inclusi in una politica pubblica di sostegno a favore dell'industria culturale e creativa. Per questo, produttori e distributori potranno beneficiare di un credito d'imposta che sarà coperto attraverso il fondo istituito dalla legge con una dotazione minima di 400 milioni di euro all'anno

    1/5 Milestone – «Valentino Rossi The Game» e «Ride 2»

    L'azienda milanese è il piccolo grande colosso del videogioco made in Italy. Oltre a svilupparli, è l'editore dei propri prodotti su territorio europeo. Creata nel 1996 da Antonio Farina – sulle fondamenta dell'originaria Graffiti – e oggi presieduta da Virgilio Bixio, con un fatturato annuo di 28 milioni di euro (dato di giugno 2016), 170 dipendenti e una struttura elastica per la realizzazione dei progetti più impegnativi, è una realtà credibile a livello internazionale nello sviluppo di racing game, sia su asfalto che off-road. Lo testimoniano soprattutto due dei cinque titoli pubblicati quest'anno: “Valentino Rossi The Game” e “Ride 2”, seguito di una serie che punta a diventare il riferimento per i centauri digitali. Le due produzioni confermano l'abilità strategica dell'azienda e la capacità di usare testimonial internazionali – a diverso titolo coinvolti anche nello sviluppo -, nonché la volontà di essere competitivi dal punto di vista tecnologico, aspetto dolente di alcune uscite precedenti dello studio (come “Sébastien Loeb Rally Evo”). In espansione – per l'anno in corso si punta a un fatturato di 40 milioni - non è da escludere che presto Milestone estenda la propria produzione a progetti diversi dalle simulazioni motoristiche.

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