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4/5 Tiny Bull Studios – «Blind» e «Omen Extitio:…

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    Sviluppare videogiochi in Italia? Cinque storie dell'industria indipendente

    Di seguito, una breve panoramica sui nomi italiani da tenere d'occhio. Lungi dall'essere esaustiva, vuole però dar conto di sviluppatori diversi per dimensioni, strategie e approccio ai contenuti. Ed essere, in questo senso, indicativa di un fermento dalle tante anime diverse che può, se ben governato, aprire un mercato nuovo per il Paese. Si dice che il 2016 sia stato un anno d'oro per il gaming italiano. Non è del tutto vero. Ma un po' sì. Mentre i numeri non permettono trionfalismi – nonostante la crescita rilevata dal censimento degli sviluppatori reso pubblico martedì, è impossibile parlare di un'industria fiorente -, è indubbio che i segnali di crescita vadano accumulandosi come mai prima. È per di più da considerarsi epocale per il settore la legge di riforma del Cinema e dell'audiovisivo approvata dalla Camera a inizio novembre: per la prima volta i videogiochi vengono inclusi in una politica pubblica di sostegno a favore dell'industria culturale e creativa. Per questo, produttori e distributori potranno beneficiare di un credito d'imposta che sarà coperto attraverso il fondo istituito dalla legge con una dotazione minima di 400 milioni di euro all'anno

    4/5 Tiny Bull Studios – «Blind» e «Omen Extitio: Plague»

    Previsto per i primi mesi del 2017 e per tutte le maggiori piattaforme virtuali (Oculus Rift, Htc Vive, PsVr e OsVr), “Blind” è un'avventura in grado di far (non) vedere il mondo attraverso gli occhi ciechi della protagonista. Un approccio elegantissimo e dai risultati strabilianti a un supporto di fatto ancora rischioso (da inizio anno gli analisti stanno via via ridimensionando le previsioni di vendita dei visori). Non è un caso che i Tiny Bull Studios, che l'hanno sviluppato, stiano parallelamente lavorando a “Omen Extitio: Plague”, un gioco di ruolo che punta a essere il primo capitolo di una serie, una sorta di libro game digitale per la cui traduzione è stata appena conclusa una campagna Kickstarter di successo. Segno che il dev team – 15 persone – raccoltosi attorno all'intraprendenza di Matteo Lana e Rocco Tartaglia, due laureati in Realtà virtuale e Multimedialità incontratisi fra i banchi dell'Università degli studi di Torino, punta a cogliere qualsiasi opportunità di finanziamento. Ospitata fino a dicembre presso l'Incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di Torino, all'interno del progetto Treatabit, la società fondata a marzo 2013 ha soprattutto sviluppato progetti b2b mobile, web e installazioni custom in realtà virtuale e aumentata. Lo studio fa anche parte di T-Union, l'associazione di sviluppatori indipendenti nata per promuovere l'industria del pixel in Italia.

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