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Startup in Italia: 217 milioni raccolti, il fatturato sfiora i 250…

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Startup in Italia: 217 milioni raccolti, il fatturato sfiora i 250 milioni

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Quello che si avvicina al termine è stato un anno positivo per l'ecosistema delle nuove imprese innovative italiane. Non ancora decisivo per la svolta, ma sicuramente a più luci che ombre. Lo dicono - al di là di proclami, iniziative e progetti vari - i numeri, e nella fattispecie quelli emersi dall'ultima edizione dell'Osservatorio Startup Hi-tech promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Italia Startup (l'Associazione dell'ecosistema startup italiano) e presentati stamattina nel capoluogo lombardo.
Vediamo i principali, partendo dagli investimenti in capitale equity. Nel 2016 sono saliti a 182 milioni di euro, in crescita del 24% rispetto all'anno passato. La quota degli investimenti istituzionali (corporate venture capital compresi) hanno sfondato il tetto dei 100 milioni con un salto in avanti nei dodici mesi del 33% (alcune operazioni hanno superato i 10 milioni di euro). Se sommiamo a questi 182 milioni i finanziamenti (35 milioni di euro la stima) sottoscritti da soggetti internazionali si sale a una raccolta complessiva di 217 milioni.
Rimane invece limitato l'apporto dei venture capital. Come fanno giustamente notare gli autori del rapporto, siamo ancora lontani dai volumi che assicurano alle imprese innovative i capitali di ventura tedeschi e francesi (rispettivamente sette e sei volte superiori a quelli italiani) mentre è fuori portata il confronto con la dimensione del mondo Vc degli Stati Uniti. Il potenziale ancora inespresso da molti fondi con disponibilità di investimento nel breve-medio periodo, dicono comunque gli esperti del Politecnico, fa ben sperare e potrebbe “costituire la linfa vitale per sostenere lo sviluppo nei comparti hi-tech”.
A beneficiare dei finanziamenti nel corso del 2015 sono state 90 startup (furono 79 nel 2014) e tre quarti di queste è attiva nel comparto digitale a vari livelli (turismo, food, fashion). Il 17% opera invece nel campo del Life Science e biotech e il 7% in quello del cleantech e dell'energia. A livello geografico il Nord Italia continua a rappresentare il centro nevralgico dell'ecosistema delle startup italiano, sia in termini di finanziamenti ricevuti (con un'incidenza del 58%) sia di numerosità di aziende finanziate (sono il 65% del totale). Interessante notare anche come il peso percentuale sugli investimenti effettuati nel Sud e nelle Isole sia lievitato, passando dal 30% del 2014 al 36% del 2015, per quanto nello stesso periodo si sia ridotto il numero di nuove imprese finanziate nel Mezzogiorno.
Ricavi e dinamiche di exit
Il fatturato generato dalle startup tecnologiche finanziate in Italia ha raggiunto i 247 milioni di euro complessivi alla fine del 2015, segnando un incremento del 34% rispetto al 2014; i dipendenti assunti e presenti a bilancio sono aumentati sia in valori assoluti che relativi, raggiungendo le 2.420 unità (il 55% in più dell'anno precedente).
L'Osservatorio ha quindi preso in esame il ciclo di vita delle imprese oggetto di investimenti e ha evidenziato in tal senso come nella fase di introduzione/finanziamento ben 44 startup abbiano ricevuto almeno un milione di euro, ed è un dato in aumento del 25% se confrontato con il 2014. Per quanto riguarda la fase di consolidamento, invece, le operazioni degne di nota e catalogabili come “exit” sono state una ventina (a tutto il 7 ottobre 2016) e frutto di acquisizioni da parte di aziende consolidate o di quotazioni in Borsa. Le grandi operazioni di finanziamento completate complessivamente nel 2015 furono nel complesso 25.
La mancata crescita sostanziale nel numero di exit, si legge ancora nella nota che accompagna il rapporto, è una prova evidente del fatto che la svolta strutturale dell'ecosistema italiano non è ancora del tutto arrivata, rimarcando da una parte la relativa giovinezza di questo ecosistema e dall'altra la forte necessità di una sua crescita dimensionale. Come osserva Antonio Ghezzi, Direttore dell'Osservatorio Startup Hi-tech, si può comunque giustamente “parlare di una serie di segnali positivi tangibili che, se sfruttati sinergicamente e amalgamati per mezzo di corretti interventi su tutti i livelli, potranno rappresentare un ulteriore passo in avanti per l'universo delle startup italiane, inteso come sistema sempre più aperto all'internazionalizzazione e alla commistione con il mondo delle aziende consolidate”.

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