1/10 “The Last Guardian” (Team Ico, SCE Japan Studio). Per Ps4
Vero, tecnicamente sembra il residuato ludico di una generazione passata. Vero, ha difetti che se a volte è difficile tollerare, è sempre impossibile ignorare – un comportamento a tratti casuale della telecamera, un frame rate pericolosamente basso, una grafica che sarebbe decente se il gioco fosse uscito quando è stato ufficialmente annunciato la prima volta, nel 2009.
Eppure l'atteso ritorno di Fumito Ueda si fa perdonare tutto.
Come fosse la strana bestia di cui racconta il rapporto con il protagonista, un bimbo senza nome, “The Last Guardian” è goffo, ferito, ma a un tempo tanto solenne e misterioso che è impossibile non amarlo. Narra di un mondo perduto fra le rovine del tempo, ma soprattutto di un legame con l'altro da sé che spalanca il cuore. Da un autore tinto di leggenda e già creatore di “Ico” e “Shadow of the Colossus”, giochi che puntano a muovere l'anima più che le dita, “The Last Guardian” è fra le migliori testimonianze di come il gaming possa sconfinare nella poesia. Non solo per questo Natale.
Cosa ci è piaciuto: il mondo di gioco sfoggia la leggerezza sognante delle piume che inquadra. Ed è un distillato di quanto ha reso celebre il suo autore.
Cosa non ci è piaciuto: dal punto di vista tecnico è un gioco di due generazioni fa. E chi non ne condividesse l'afflato poetico potrebbe anche trovarlo noioso.
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