Quanto vale uno «schiocco» su Internet? Stando alla Wall Street dei record trenta miliardi, dollaro più, dollaro meno.
Il debutto del social network Snap, forte della sua app Snapchat che cancella messaggi e immagini dopo poche ore in omaggio alla privacy, è stato al fulmicotone: un balzo del 50% nel prezzo dei titoli, oltre i 25 dollari, dopo che erano già partiti da un collocamento giocato al rialzo, a 17 dollari rispetto alla forchetta di 14-16 dollari oroginalmente ipotizzata. Quella quotazione già rappresentava un multiplo di 21,4 volte le entrate pubblicitarie previste nel 2017, vale a dire una valutazione doppia rispetto al leader dei social Facebook e quadrupla al confronto con Twitter. E sappiamo che se il colosso di Mark Zuckerberg ha spiccato il volo - oggi grazie a continui sviluppi tecnologici e diversificazione la sua market cap sfiora i 400 miliardi - Twitter si sta al contrario rivelando in Borsa un «uccellino» spennato dagli affanni. La domanda delle azioni Snap ieri è stata fuori discussione - dieci volte superiore al numero dei titoli offerti - ma un altro interrogativo, dati alla mano, dovrebbe prima o poi emergere. Se il modello di business e la performance della società possano davvero sostenere valutazioni altisonanti. La risposta non è facile. Non v'è dubbio che Snap benefici di alcune condizioni facorevoli, dal clima di ottimismo che contagia l'azionario alla soccità di nuovi collocamenti iniziali, l'anno scorso scesi ai minimi dal 2009 per volumi e valori. E che i suoi prodotti e servizi siano innovativi e abbiano intuito nuove tendenze. Soprattutto, però, non v'è dubbio che Snap abbia ad oggi un bilancio men che brillante. I numeri li ha dati lei stessa: crescita degli utenti quotidiani di recente in frenata sotto la soglia “must” del 50% per la prima volta dal 2014, anche se aumentati del 48% a 158 milioni, fenomeno che fa temere la saturazione tra i consumatori più giovani e la mancata conquista di quelli più maturi. Perdite annuali che hanno raggiunto i 515 milioni di dollari, con gli stessi fondatori che ammettono di non sapere se e quando sarà in attivo. E un modello di business ancora misterioso, forse volutamente, vista la particolare «chiusura» dei vertici del gruppo, con dichiarazioni a volte parse a sorpresa o provocatorie quali l'idea di passare da software a hardware («siamo una società fotografica»). Il fatturato è reduce da aumenti di sette volte, ma la raccolta pubblicitaria e la monetizzazione dei servizi vengono tuttora descritte come in evoluzione e sperimentali, con clienti aziendali che aspettano prima di impegnarsi. Per non parlare della sempre più agguerrita concorrenza - Facebook compresa, con i suoi 1,2 miliardi di utenti, altrettanti sulla sua piattaforma di messaggistica Whatsapp - che si profila nello spazio cibernetico da Snap finora sapientemene anticipato, quello di testi e immagini che si volatilizzano senza lasciar traccia.
Questi misteri non hanno preoccupato al momento gli investitori. Ma domani - al cospetto di una società quotata anche se, per la prima volta a Wall Street, con titoli senza diritto di voto - potrebbero richiedere assai più risposte per votare con i loro capitali.
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