Le startup dell'intelligenza artificiale non fanno gola solo alle assicurazioni. Negli ultimi cinque anni, i colossi corporate internazionali hanno dato il via a una corsa all'acquisizione di imprese innovative dell'Ai (artificial intelligence) che va dai giganti americani dell'informatica a marchi storici di telecomunicazioni, automotive ed energia.
La società di ricerca statunitense Cb Insights ha contato un totale di 200 operazioni di M&A dal 2012 ad oggi, con un'impennata di 34 acquisizioni solo nel primo trimestre del 2017: oltre il doppio rispetto alle 13 dello stesso periodo del 2016 e quasi quattro volte in più delle 9 siglate a inizio 2015. In cima a tutti si fanno notare i grandi brand tecnologici della Silicon Valley, ma anche la “vecchia” industria sta mettendo mano al portafoglio per rinnovarsi dall'interno. Google svetta nella rilevazione di Cb Insights con 11 acquisizioni, a partire dai 600 milioni di dollari messi sul piatto nel 2014 per la britannica Deep Mind Technologies (oggi Google DeepMind), un'azienda che studia tecniche per l'apprendimento automatico. Seguono Apple (7 operazioni in totale, l'ultima per accaparrarsi l'israeliana RealFace), Facebook e Intel (cinque operazioni entrambe: il gigante social di Zuckerberg ha acquisito a fine 2016 la svizzera Zurich Eye per potenziare i suoi visori Oculus).
E l'elenco continua con nomi come Microsoft, Amazon, General Electrics o Ford, peraltro protagonista di una delle operazioni più significative del primo 2017: un miliardo di dollari per Argo Ai, startup che si occupa di robotica e software di intelligenza artificiale.
La varietà dei settori riflette la trasversalità di applicazioni della Ai, esplorata nelle direzioni più disparate dalle startup e tenuta sotto stretta osservazione anche dai fondi venture capital. Circa la metà delle neoimprese acquisite negli ultimi anni ha ricevuto in passato un finanziamento in capitali di rischio, dato che fa già da spia sulle prospettive di crescita del settore. Alcune stime parlano di un mercato da 40 miliardi di dollari entro il 2022, trainato dall'interesse incrociato dei “capitalisti di ventura” e dei colossi in cerca di soluzioni adatte al proprio business.
Secondo le attese, l'intelligenza artificiale dovrebbe avere un potere dirompente su tutti i settori toccati. Resta da capire come, anche in rapporto ai limiti già riscontrati e alle insidie che derivano da questioni come privacy o utilizzo di dati. Nell'Ict una delle branche che attira più attenzione e capitali è il cosiddetto deep learning, lo studio di forme di apprendimento automatico che riproducano il ragionamento umano. Gli sviluppi? Dagli algoritmi utilizzati da social network come Facebook per interpretare il comportamento dei suoi utenti ai software che tracciano e profilano le abitudini dei consumatori a favore dell'intelligent e-commerce: un'evoluzione dell'e-commerce dove i software cercano (e non si limitano a sponsorizzare) i prodotti per conto degli utenti. Per non parlare dei chatbot, gli assistenti vocali che interagiscono con i clienti, già al centro di investimenti massicci da parte di colossi come Microsoft e Amazon.
Fuori dal digitale puro, l'Ai rientra in partite enormi come l'industria 4.0 o le fintech, le innovazioni tecnologiche applicate al mondo della finanza. Da un lato, i sistemi di intelligenza artificiale possono istruire macchinari ad apprendere funzioni o sviluppare business già avviati come le self-driving cars, le auto che si guidano da sole. Dall'altro, i software potrebbero sostituire – in parte – gli umani in decisioni delicate, come gli investimenti: è il caso dei sistemi di robo-advisory, la consulenza robotica che suggerisce come allocare i propri asset in base alla analisi dei portafogli dei clienti.
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