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Italia rimandata in educazione finanziaria: giovani risparmiatori, ma…

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rapporto Ocse

Italia rimandata in educazione finanziaria: giovani risparmiatori, ma faticano a capire

(Marka)
(Marka)

I ragazzi italiani hanno competenze finanziarie inferiori alla media dei paesi sviluppati, ma non sono messi poi così male. Ma bisogna tenere conto che l’alfabetizzazione finanziaria in generale fatica a fare breccia nel percorso di istruzione delle maggiori economie con il risultati che c’è ampio margine di miglioramento. A lanciare l’allarme è l’Ocse che nel suo rapporto Students’ Financial Literacy sottolinea come “troppi studenti in tutto il mondo non sono dotati di una preparazione di base in ambito finanziario: anche nelle economie con performance sopra la media Ocse almeno un quinto degli studenti non arriva neanche al livello di base”.

Italiani senza eccellenze

In Italia circa il 20% degli studenti quindicenni - quelli su cui viene fatta la rilevazione triennale del Pisa per valutare l’efficacia dei sistemi scolastici - “non riesce a raggiungere il livello di riferimento per le competenze finanziarie”: è il 19,8%, un livello comunque inferiore rispetto al 22,3 della media Ocse. Per contro solo il 6,5% dei ragazzi raggiunge il livello più alto della scala delle competenze finanziarie, dimostrandosi in grado di analizzare prodotti finanziari complessi e dimostrando una comprensione adeguata del più ampio panorama finanziario, rispetto a una media quasi doppia, pari all’11,8%.

Perché il deficit di educazione finanziaria danneggia il Pil

I ragazzi italiani sono quindi più forti nei livelli intermedi, quelli che, sulla base di una preparazione non specifica, permettono di comprendere i concetti di base dell’economia e di prendere decisioni più semplici. Nel complesso, comunque, il risultato medio nelle prove di alfabetizzazione finanziaria a cui sono stati sottoposti i quindicenni di una quindicina di paesi risulta per l’Italia, leggermente inferiore alla media - con un punteggio di 483 rispetto a 489 di media -, decisamente al di sotto dei migliori - la Cina ha 566 -, anche se non troppo lontano dagli Stati Uniti (485).

Da segnalare comunque che la performance italiana è migliorata rispetto a tre anni prima, quando aveva un punteggio di 466, con un miglioramento che ha riguardato soprattutto i top performer, i quali hanno registrato un aumento di 4 punti percentuali.

La pratica quotidiana

La gran maggiornaza dei quindicenni ha avuto esperienze con il denaro. In questo l’Italia ha delle sue peculiarità. Gli studenti italiani sono poco bancarizzati anche se sono buoni risparmiatori. Solo il 35% è titolare di un conto corrente, un livello decisamente inferiore rispetto al 56% della media Ocse. Ma ben il 43% di loro risparmia ogni settimana od ogni mese, il 21% risparmia solo quando disponde di denaro, il 27% solo quando desidera comprare qualcosa. S9lo il 5% non risparmia per nulla.

Ma come tanti coetanei hanno disponibilità finanziaria. L’83% riceve doni in denaro da amici e parenti, ma solo il 35% (59% di media Ocse) riceve una paghetta periodica e il 21% guadagna svolgendo lavoretti informali e il 16% lavorando formalmente al di fuori dell’orario scolastico.

Non c’è solo la scuola

In Italia l’educazione finanziaria non fa parte dei programmi scolastici, anche se da dieci anni la Banca centrale e il ministero dell’Istruzione hanno adottato un programma di educazione finanziaria nelle scuole interessate. Ma il rapporto segnala che le competenze finanziarie non sono strettamemnte collegate con i risultati scolastici in matematica e lettura.

Il ruolo della scuola è quindi senz’altro importante, ma altrettanto rilevante è l’educazione “informale”, che nasce dalla pratica quotidiana, dalla relazione con la propria banca alla gestione della paghetta settimanale e alle decisioni conseguenti. Su questo fronte il basso tasso di studenti che hanno una somma costante a disposizione non è certo un elemento positivo.

Ma in Italia, come spesso succede, viene in soccorso la famiglia. Più di otto studenti su dieci discutono infatti di questioni legate al denaro, come spese e risparmi, con i loro genitori almeno una volta al mese. D’altra parte lo stesso rapporto Ocse sottolinea l’importanza che i genitori hanno avuto e continueranno ad avere nella trasmissione dei concetti e dei valori dell’economia.

E’ quindi importante rivolgersi ai genitori oltre che ai giovani e fornire opprtunità sicure per imparare attraverso l’esperienza diretta al di fuori della scuola. Perché l’alfabetizzazione finanziaria, afferma il rapporto, “aiuta i singoli a prendere decisioni corrette e rafforza il loro benessere finanziario. Allo stesso tempo promuove una crescita inclusiva ed economie e sistemi finaziari più resilienti”.

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