Le parole decisive su Popolare di Vicenza e Veneto Banca arriveranno solo dopo la chiusura del dossier Mps, e per conoscere il destino dei due istituti occorrerà attendere la fine di giugno, a quanto risulta al Sole 24 Ore da fonti europee. Poco più di quattro settimane, di fatto, in cui il ministero dell’Economia dovrà trovare un punto di mediazione con le richieste di Vigilanza Bce e Commissione Ue, che nell’ambito della ricapitalizzazione precauzionale da 6,4 miliardi hanno chiesto dagli investitori privati 1,25 miliardi in più rispetto ai 3,7 precedentemente concordati.
ROMA
Il fattore tempo è una variabile decisiva nella vicenda delle due banche venete. A ribadirlo ieri nelle sue considerazioni finali è stato anche lo stesso Governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, secondo cui oggi in Europa ci sono «processi decisionali poco compatibili con la rapidità degli interventi. Manca un’efficace azione di coordinamento». Una visione condivisa anchedal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, secondo cui il problema deve essere risolto «al più presto». « Credo che un intervento dell’autorità politica possa accelerare i tempi di ciò che si deve fare», ha aggiunto il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros Pietro
Il problema è che le incertezze generate dalle nuove richieste Ue starebbero impattando negativamente sulla fiducia della clientela, tanto da aver provocato negli ultimi giorni un nuovo deflusso dei depositi dalle due banche. «Bisogna fare in fretta, nei tempi più stretti possibili. Stiamo lavorando in modo serrato», ha detto ieri l'a.d. di Popolare Vicenza, Fabrizio Viola. Per oggi è prevista una nuova riunione straordinaria dei due board, che faranno il punto sullo stato dell'arte e sulle possibili soluzioni in campo.
Al momento, tuttavia, siamo solamente allo stato delle ipotesi. Le uniche certezze sono che Bruxelles chiede un maggiore sacrificio da parte dei privati e che il Governo vuole evitare a tutti i costi che le due banche possano finire in risoluzione. «Non c'è alternativa al salvataggio », ha detto ieri Matteo Renzi. Il «no» di Atlante a nuovi interventi sul capitale delle due venete era scontato, ma certifica che l'unica soluzione possibile passa dallo “sconto” sulle richieste aggiuntive delle Authority europee per rendere le richieste di capitale più gestibili per un’eventuale cordata di investitori. L'obiettivo è di dimezzare il fabbisogno dei privati a 500-600 milioni, anche sfruttando una diversa interpretazione della Brrd: nello specifico, il piano discusso fino ad oggi con Bruxelles non sembrerebbe considerare i benefici nell’immediato futuro derivanti dalla ristrutturazione e dalla cessione di crediti, ma solo i costi, che invece sono certi.
Una volta limato l’ammontare, vanno cercati comunque i finanziatori, e qualcuno guarda ai fondi di private equity. Pare tutt’altro che scontato che un investitore privato scelga di iniettare capitali in due banche in chiara difficoltà con la consapevolezza che parte dell'investimento del capitale (peraltro di minoranza) sia azzerato. Una possibile compensazione potrebbe allora passare per un “doppio” investimento dei fondi anche nei crediti deteriorati delle due banche – magari tramite un acquisto in blocco -, così che parte del valore perso nell’equity sia recuperato dalla rivalutazione degli Npl. Uno schema, quest'ultimo, su cui si basava il possibile intervento di Apollo in Carige, operazione ai tempi ben vista da Bce ma poi sfumata. Altra ipotesi potrebbe vedere anche un acquisto di maggioranza dei fondi, ma in questo caso non è chiaro se e come la ricapitalizzazione precauzionale prenderebbe forma. Nella girandola delle ipotesi valutate in ambienti finanziari c’è stata anche l’idea di separare il destino dei due istituti, portando avanti la ricapitalizzazione precauzionale per Pop. Vicenza e spingendo Veneto Banca fra le braccia di Mps. La partita di Rocca Salimbeni, però, dopo aver superato la fase critica si trova ora ultimo miglio, tanto che gli stessi vertici del Monte ora si dicono «molto ottimisti»: il via libera Ue, atteso ormai a stretto giro, farebbe partire il primo caso concreto di ricapitalizzazione precauzionale con fondi pubblici. Oltre ad aprire l’ombrello pubblico sul big delle banche in crisi rappresenterebbe un precedente importante anche per le altre operazioni. Sarebbe stato troppo rischioso, in un contesto del genere, riaprire il dossier per far entrare nel piano industriale un'ipotesi di incontro fra Siena e Montebelluna.
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