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Dossier Tra bandi cinesi e accuse da Wall Street, bitcoin in caduta del 20%

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    Dossier | N. 83 articoliCriptovalute: bitcoin e le altre

    Tra bandi cinesi e accuse da Wall Street, bitcoin in caduta del 20%

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    Reuters
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    Jamie Dimon non ha mezzi termini: il bitcoin «è una truffa» e «non finirà bene», dal momento che non è possibile «inventare una moneta tirandola fuori dal nulla e pensare che le persone che la comprano siano intelligenti». Tanto che il Ceo di JPMorgan è pronto a licenziare qualsiasi trader della sua banca scoperto a fare trading sulla criptovaluta più famosa del mondo: «È contro le nostre regole e sarebbe da stupidi».

    Il duro monito di uno dei grandi banchieri di Wall Street è piombato martedì in un mercato delle criptovalute già innervosito dai rumors di divieti in arrivo per gli operatori cinesi. Così il bitcoin, confermandosi valuta per investitori forti di cuore, ha ripreso la sua corsa al ribasso che prosegue ancora oggi: attualmente è scambiato sotto i 3.700 dollari, arrivando a perdere più del 20% in una settimana. A inizio settembre aveva toccato il suo record a quota 5.000 dollari, partendo a inizio anno poco sotto i 1.000 dollari.

    «Non c’è dubbio che, dal punto di vista tecnico, si tratti di un ritracciamento dopo i guadagni degli ultimi mesi - commenta Federico Izzi, analista tecnico-finanziario specializzato in criptovalute -: i commenti di Dimon e le voci arrivate settimana scorsa hanno fornito il pretesto per i realizzi». Tra alti e bassi da brivido, al picco di 5.000 dollari il bitcoin ha quintuplicato la quotazione da inizio anno e raddoppiato negli utlimi tre mesi: una correzione del 20-25% ci può stare, sottolinea Izzi.

    Settimana scorsa la Cina ha emesso un bando per le Ico, le offerte iniziali di valuta utilizzate, in assenza di regole, per finanziare nuove iniziative nell’ambito delle criptovalute che nell’ultimo semestre hanno alimentato la richiesta di monete digitali sostenendo le quotazioni. L’intervento delle autorità cinesi aveva innervosito il mercato lasciando presagire un divieto generalizzato per l’operatività delle piattaforme di exchange locali. Non è un mistero che Pechino sia particolarmente sensibile al bitcoin, sospettato di essere utilizzato come strumento per esportare capitali, giocando contro lo yuan in un momento delicato come la vigilia del prossimo Congresso del partito comunista. I principali operatori non hanno segnalato comunque nessun intervento effettivo e la loro operatività prosegue all’insegna della normalità

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