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La blockchain può aiutare a digitalizzare la Pa?

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Analisi

La blockchain può aiutare a digitalizzare la Pa?

La tecnologia blockchain può aiutare il sistema pubblico di identità digitale (Spid) a fare quel decollo che questo non è ancora riuscito a fare; ma certo è una partita che rivelerà nel tempo, attraverso ricerche e sperimentazioni avviate solo di recente.

L'idea di fondo è che blockchain può servire per rendere Spid un tassello di un processo più ampio e complesso, che comprenda servizi diversi (non solo della PA) e internazionali.

È un campo che comincia ora a scaldarsi. Delle potenzialità della Blockchain per sostenere il sogno di dare a tutti una identità digitale pubblica e sicura sono convinti molti esperti e addetti ai lavori. Tra cui Antonio Samaritani, direttore dell'Agenzia per l'Italia Digitale, che parlando nella veste di esperto ricorda che «le regole alla base di Spid consentono agli identity provider (fornitori di identità ai cittadini) di fare diverse scelte tecnologiche, dunque anche Blockchain come tecnologia sottostante. Quindi il punto è scegliere la miglior tecnologia che supporta il processo digitale che si vuole realizzare. Blockchain per esempio può essere utile - aggiunge - in particolare per servizi che mettono insieme tasselli diversi, ad esempio, per uno smart contract di un servizio offerto da un qualsiasi player della sharing economy che associ il dato di un mio documento con il mio Spid per farmi noleggiare l'auto o affittare una casa con un click».

La scelta di usare questa tecnologia non spetta però ad Agid né al Team Digital Piacentini, che non hanno in questo momento nemmeno il ruolo di indirizzare verso questo possibile utilizzo. Si limitano a tenere le porte delle regole aperte al Blockchain: «se un identity provider venisse da noi per dirci che è in grado di usare Blockchain per fornire Spid e ci può dimostrare l'adeguatezza della soluzione, noi saremmo felice di autorizzarlo», dice Samaritani.

Insomma, la scelta spetta appunto agli identity provider. A quanto risulta, molti di loro stanno cominciando ad assaggiare la tecnologia, ma il primo a fare un annuncio pubblico è stato, pochi giorni fa, Infocert (gruppo Tecnoinvestimenti): partecipa al progetto della Sovrin Foundation, un'organizzazione non profit con sede negli USA, per il lancio del Sovrin Network, il primo sistema al mondo per la gestione di identità digitali distribuite e decentralizzate. Basato appunto su Blockchain. “Allo stato attuale le iniziative di Infocert sulla tecnologia Blockchain si collocano nell'ambito delle attività di R&D a cui destiniamo regolarmente circa il 6% dei nostri ricavi”, specifica Carmine Auletta, Chief Innovation Officer di InfoCert.

Ma perché usare questa tecnologia con Spid? “Per avere un sistema di identità affidabile senza che sia necessariamente vincolato alle regole di un determinato Paese”, spiega Auletta. Insomma un sistema internazionale condiviso – laddove l'interoperabilità di Spid, grazie agli standard Eidas, si fermerà all'Unione europea. “Per esempio, autenticandoci con una identità pubblica sovranazionale grazie a Blockchain, potremo permettere al nostro smartphone di dialogare in modo sicuro con l'auto che noleggiamo in un Paese del Sud America, trasferendovi il nostro profilo utente. O con l'equipe medica che ci sta soccorrendo a Hong Kong, trasferendo la nostra storia-paziente sui loro sistemi”. Tutte cose, come si vede, futuribili. Soprattutto se viste dall'Italia, dove – a proposito di interoperabilità – ancora non si riesce a far partire un fascicolo sanitario elettronico su base nazionale (figuriamoci internazionale).

Però la ricerca guarda avanti. “Blockchain non è necessaria a Spid; ci sono tante tecnologie alternative. Ma potrà servire per applicazioni che richiedano un sistema unico di registrazione condiviso, indipendente da uno specifico dall'identity provider”, conclude Stefano Quintarelli, tecnologo e parlamentare, e uno degli ideatori di Spid. «Sì, Blockchain può migliorare Spid: potrà permettere di eliminare la centralizzazione dei dati, favorendo quindi lo sviluppo di nuovi servizi basati su attributi aggiuntivi dei cittadini, aspetto che in questo momento è frenato dai timori di creare superarchivi che potrebbero essere oggetto di attacchi», aggiunge Andrea Rigoni, analista Deloitte esperto di cybersecurity e tra i consulenti che in precedenti Governi hanno collaborato alla nascita di Spid. «I server di autenticazione per l'identità digitale sono un tallone d'Achille- aggiunge, poiché se violati portano alla compromissione della sicurezza di tutti gli utenti, come è accaduto più volte».

Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore del 8 ottobre 2017

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