FRANCOFORTE
La Banca centrale europea ha dimezzato l’importo mensile degli acquisti di titoli, ma ha prolungato il programma, il cosiddetto Qe, e il presidente Mario Draghi ha evitato di indicare una data per la sua conclusione, il che ha provocato qualche dissenso in consiglio, ma è stato ricevuto favorevolmente dai mercati finanziari.
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La Bce continua quindi un forte stimolo monetario a un’economia dell’Eurozona la cui ripresa si è irrobustita, ma nella quale sono modeste le pressioni che possano riportare l’inflazione verso l’obiettivo di stare «sotto ma vicino» al 2% (oggi all’1,5%, dovrebbe scendere nei prossimi mesi per effetto di fattori statistici). «Non ci siamo ancora», ha detto Draghi, sottolineando la necessità di continuare con uno straordinario grado di appoggio della politica monetaria alla risalita dell’inflazione.
La riduzione degli acquisti dai 60 miliardi di euro attuali a 30 miliardi, a partire da gennaio, e la sua estensione di nove mesi erano attese. La decisione porterà gli acquisti complessivi da parte della Bce a oltre 2.500 miliardi di euro dall’inizio del programma a marzo 2015. Ma Draghi ha anche indicato che, dopo settembre, le operazioni non termineranno «in modo improvviso», il che fa ritenere che il Qe possa continuare ancora per qualche tempo, e ha ribadito che l’importo potrà essere alzato di nuovo se le condizioni economiche o finanziarie dovessero peggiorare. «Un taglio meno grande di quanto sembri», dice Megan Green di ManuLife Asset Management. Il consiglio ha anche ripetuto che i tassi d’interesse, mantenuti invariati anche ieri, resteranno agli attuali livelli «ben oltre» la conclusione degli acquisti. Questo sposta in avanti la data del primo rialzo dei tassi «a una prospettiva distante», secondo Jessica Hinds, di Capital Economics.
Draghi ha anche ripetuto che la Bce continuerà a reinvestire «per un lungo periodo di tempo» i titoli già acquistati che man mano arriveranno a scadenza, un importo che a partire dal 2018, comincerà a essere significativo. Il banchiere centrale ha parlato di «massicce» operazioni. L’obiettivo è di contribuire a «favorevoli condizioni di liquidità e a una posizione appropriata della politica monetaria». La Bce pubblicherà a partire da novembre dati mensili sui titoli in scadenza, e quindi sui reinvestimenti, precisando che continuerà ad attenersi per ora a grandi linee alla ripartizione degli acquisti secondo la quota dei Paesi nel capitale della banca stessa, il che vorrà dire nel 2018 soprattutto titoli tedeschi. Infine, nelle sue normali operazioni di rifinanziamento, la Bce continuerà a fornire alle banche liquidità illimitata a tasso fisso (oggi a zero) fino a fine 2019. «Un’uscita dal Qe senza scosse», così ha definito gli annunci in una nota Marco Valli, di Unicredit.
Il continuo sostegno monetario è fornito, ha affermato Draghi, dagli acquisti netti addizionali di titoli, dall’importante consistenza di titoli già acquistati e dai prossimi reinvestimenti e dalle indicazioni (la forward guidance) sulle prospettive dei tassi d’interesse. Una linea sulla quale in consiglio si è formato un largo consenso. Alcuni membri, però, compreso il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, da sempre critico sugli acquisti di titoli, hanno dissentito dalla scelta di non fissare una data finale per il Qe, dato il miglioramento dell’economia, e dall’accento messo sul Qe invece che sull’insieme delle misure. Sulla mancata indicazione della fine del Qe, secondo Draghi, si è formata «una larga maggioranza», espressione che indica che diversi consiglieri, oltre a Weidmann, non erano d’accordo.
Il presidente della Bce ha spiegato che l’espressione “tapering” (l’uscita del Qe realizzata dalla Federal Reserve americana con un taglio mese dopo mese, fino a zero, degli importi acquistati) non è stata utilizzata, ma che si tratta di una «riduzione», o «ricalibratura», come già avvenuto nel corso del programma. Draghi ha ancora una volta eluso le domande sulla possibile scarsità di titoli di acquistare (un problema potenzialmente serio soprattutto per il debito tedesco), sostenendo che il programma è sufficientemente flessibile. La riduzione degli importi dovrebbe creare qualche spazio di manovra, così come una diversa composizione degli acquisti, con maggior peso attribuito alle obbligazioni societarie rispetto al debito pubblico, anche se Draghi ha sostenuto che della composizione degli acquisti il consiglio non ha parlato.
C’è stato spazio in conferenza stampa anche per un chiarimento del vicepresidente Vitor Constancio sulla recente proposta di nuove regole per gli accantonamenti sui crediti deteriorati della banche (Npl), che ha provocato vivaci polemiche in Italia. Questi sono «ragionevoli», secondo Constancio, e riguarderanno comunque da gennaio solo i nuovi Npl, i cui importi dovrebbero ridursi grazie alla ripresa economica. Sugli Npl già esistenti «non è stato deciso niente - ha detto -. Saremo molto cauti». La proposta non dovrebbe rappresentare per le banche un onere aggiuntivo molto importante rispetto alle nuove regole contabili Ifrs9 in vigore da gennaio 2018, ha detto il numero 2 della Bce. L’Associazione bancaria italiana ha accolto favorevolmente in una nota le parole di Constancio.
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