La mania sfrenata, la speculazione e la paura di perdere il treno: sono questi gli elementi che spingono un fenomeno finanziario verso i livelli di una bolla. Si è ripetuto diverse volte nella storia, quando le promesse di mirabolanti guadagni hanno gonfiato le quotazioni di beni e azioni, fino ad arrivare al duro ritorno alla realtà. È quello che molti temono si stia ripetendo con il bitcoin, la criptovaluta che ha superato per la prima volta prima i 10mila dollari, poi addirittura gli 11mila poche ore dopo. In serata, a conferma della sua volatilità, la criptovaluta è tornata a 9.500 dollari.
Un anno fa era poco sopra 700 dollari, a inizio anno ha superato i mille e solo un mese e mezzo fa ha sfondato la soglia di 5.000. Oggi è su livelli pari a oltre il doppio. In termini percentuali la progressione è ancora più chiara: +20% nel corso dell’ultimo fine settimana, quasi 70% nelle ultime due settimane e 900% in dodici mesi.
Come i tulipani nel 1600
Una performance che a conti fatti rischia di non avere confronti nella storia, superando di gran lunga tutte le bolle dell’ultimo secolo, compresa quella della net economy a cavallo del nuovo secolo. Ma che, performance alla mano, si confronta con quella pià grande della storia, quella che colpì i tulipani nel 1.600, quando l’”esuberanza irrazionale” aveva fatto lievitare le quotazioni dei bulbi multicolori sull’onda di speranze rivelatesi poi assolutamente irrealistiche. Tanto da provocare una precipitosa caduta verticale dei prezzi.
È stato Convoy Investments a fare i conti mettendo a confronto le quotazioni degli ultimi tre anni prima dello scoppio di ciascuna bolla. Il bitcoin ha visto lievitare le quotazioni di 50 volte nell’ultimo triennio, arrivando ormai al picco dei tulipani, ma superando qualsiasi altra del passato.
D’altra parte il fatto che il bitcoin abbia comportamenti “non normali” fa parte del suo appeal che ha scatenato la nuova “corsa all’oro digitale”: la criptovaluta ha in qualche modo ridefinito il concetto di denaro e creato un concetto, al momento inesistente di asset digitale scaro (si sa già che i bitcoin non saranno più di 21 milioni, oggi siamo a oltre 16 milioni in circolazione.
La lezione della net economy
Come sottolinea il report di Convoy, sono due i fattori che identificano le bolle finanziarie. Da una parte l’aumento a ritmi in rapida accelerazione e insostenibili delle quotazioni: “Se bitcoin proseguisse a questi ritmi per una ltro paio d’anni arriverebbe a una capitalizzazione di mercato superiore al Pil americano”.
Dall’altra parte un ritorno dell’investimento sproporzionato rispetto al reddito reale generato dal bene: per le azioni è il dividendo, per le valute il tasso d’interesse, per i bond la cedola. Se teniamo presente che il bitcoin non ha alcun valore intrinseco e che non può generare alcun reddito se non la speranza di ulteriori apprezzamenti della quotazione, il report conclude facilmente che “il bitcoin è nel mezzo di una enorma bolla speculative”, anche se Convoy non si spinge a fare previsioni su quando (e se) potrà scoppiare.
Come sottolinea il report, “questa bolla assomiglia molto per natura a quella tecnologica della fine degli anni 90: alla fine internet ha cambiato qualsiasi aspetto della nostra vita, ma questo non significa che aziende come pets.com non fossero al tempo decisamente sopravvalutate”.
Il bitcoin non è altro che la prima, più visibile applicazione di una tecnologia che promette di trasformare tanti settori, la blockchain, il registro pubblico distribuito che elimina la necessità di un certificatore per qualsiasi tipo di transazione che implichi un trasferimento di valore. Che potrebbe essere il vero valore che rimane se e quando scoppierà la bolla.
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