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Dossier Sensori, algoritmi e robot entrano nelle culle. Le follie del Baby Tech

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    Dossier | N. 11 articoliCybersicurezza

    Sensori, algoritmi e robot entrano nelle culle. Le follie del Baby Tech

    Partiamo dalle definizioni per non sbagliare. Baby Tech indica un insieme di tecnologie, prodotti e servizi per l'infanzia. E con infanzia Cb Insight, uno dei più attenti osservatori di startup, intende bambini, ragazzi fino a 12 anni e genitori. Questi ultimi, come è immaginabile, sono i veri target di queste startup che sul mercato valgono un miliardo di dollari. Tra il 2013 e il 2016 le operazioni di investimento in queste piccole realtà imprenditoriali per piccini sono cresciute del 48% e l'anno scorso si è chiuso con 176 deal. Un trend che è continuato anche nel 2017. Dentro questo mercato che comprende colossi come Philips, General Electric alla cinese Miyabaobei. Si va quindi da prodotti come ciucci e biberon dotati di Bluetooth, sedili per auto con sensori integrati per il controllo della temperatura, passeggini con Gps e nuovi device per monitorare lo sviluppo del bambino ai giocattoli smart, pupazzi con sensori che ascoltano, registrano e parlano. Tutti oggetti che parlano forte e diretto a questa generazione di genitori cresciuti analogici ma diventati per forza digitali.

    Chi potrebbe resistere a Project Nursery, per esempio, il primo Baby monitor powered by Alexa, l'assistente virtuale creato da Amazon? Presentato al Ces di quest'anno e in arrivo a febbraio negli Usa (non in Europa) al prezzo di 200 dollari non intende in alcun modo dialogare con il bimbo in culla. Ma nasce per prendere ordini dalla mamma: «Alexa suoni una ninna nanna? Registri un video del mio piccino che dorme? Misuri la temperatura nella stanza?». Teoricamente vorrebbe liberare le mamme da operazioni pratiche come interpretare i rantoli strani che escono dai normali dispositivi audio per il controllo a distanza sostituendo operazioni manuali sul con l'uso della voce. Nella pratica rischia di diventare un generatore di ansia formidabile. Solo in parte attenuata dal fatto che qualcuno, una forma primitiva di intelligenza artificiale, ascolta ed esegue senza fiatare gli ordini impartiti per il monitoraggio del neonato.

    Quella dell'intelligenza artificiale è poi l'azzardo finale. Già da alcuni anni le tecnologie hanno invaso la cameretta, preso possesso perfino della culla e dei vestitini. Due anni fa era di moda il braccialetto, poi il cuscino e infine la copertina o la magliettina. Tutto tempestato di sottili etichette e chip per rilevare la temperatura corporea. I processi di miniaturizzazione hanno in parte eliminato la presenza di plastica e metallo dagli indumenti. Cocoon Cam Clarity , per esempio, sembra una doccia che troneggia sulla culla. E' un baby monitor che non richiede tecnologie indossabili per tenere traccia dei pattern del sonno. I genitori sostanzialmente possono monitorare l'attività di respirazione sul proprio smartphone. Immaginate per una personalità dipendente, ansiosa e affetta da insonnia la tentazione a tenere sotto osservazione costante il proprio bimbo. Al Ces di Las Vegas i creatori di Cocoon Cam, che peraltro ha vinto numerosi premi tutti curiosamente da riviste specializzate per l'infanzia, sostengono invece che avere sotto controllo e a portata di mano la salute del figlio o della figlia sia il migliore modo per “prendere sonno”.

    Ad ogni modo hanno vinto loro. E su tutta la linea. Lo hanno capito per prima i grandi produttori cinesi che nel Baby Tech si sono buttati con grande convinzione e immense finanze. I più grossi affari nel 2017 sono un round B del valore di 30 milioni di dollari per Makeblock, una azienda di robot per imparare la programmazione. E Vipkid, piattaforma per l'apprendimento di lingue, sempre made in China, che ha raccolto l'anno scorso 200 milioni di dollari. Solo queste due operazioni consacrano la Cina come il più attento soggetto chiamato a modernizzare l'infanzia. In Europa però c'è qualche resistenza. Molti di questi dispositivi sollevano dubbi sul fronte della privacy e difficilmente li vederemo nei negozi dedicati. Un segnale in questa direzione nei giorni scorsi è arrivato dal Garante della privacy che a lla vigilia della Giornata europea della protezione dei dati personali, ha lanciato un nuovo vademecum sui giocattoli intelligenti. Quelli che con cui converseranno i nostri figli. Che parlano a loro. E non ai poveri genitori aspiranti digitali.

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