Utilizzare le proprietà della luce a livello quantistico per scoprire in tempo reale la presenza di attacchi e violazioni delle comunicazioni. Il capitolo più nascosto ma più discusso a Itasec2018, la tre giorni di convegno dedicata alla cybersecurity che si è appena conclusa a Milano è quello dedicato alle tecnologie quantistiche. L’Europa per dare qualche numero investirà sei miliardi di euro in Information and Comunication Technologies (Ict) da qui al 2020. Come scritto nel Quantum manifesto, il documento pubblicato a maggio che individua le priorità di investimento e ricerca nel settore, già a partire da quest’anno è previsto lo sviluppo di sistemi relativamente pronti per il mercato, come reti quantistiche di telecomunicazione, fotocamere ad alta sensibilità, simulatori quantistici che possano aiutare a progettare nuovi materiali.
Sul piatto la Commissione europea ha messo un miliardo. E c’è chi ritiene sia poco perché su questo terreno l’Europa e le aziende europee potrebbero giocarsi una partita con le piattaforme apolidi e onnivore che hanno vinto su internet la sfida dei servizi e dei profitti. La promessa del quantum computing e di una cybersicurezza basata sulla meccanica quantistica potrebbe rappresentare quel cambio di paradigma da avvicinare un poco la disparità tra noi e le aziende cino-californiane. Vuol dire riscrivere l’informatica e progettare computer con un “modo” di pensare e di elaborare le informazioni diverso da quello attuale. Di pratico c’è poco, ma la teoria regge.
Partiamo dalle basi: l’unità fondamentale dell'informazione in un computer tradizionale è il bit, che è binario nel senso che può avere solo due valori: 1 e 0. In una macchina quantistica al posto del bit abbiamo il qubit che può assumere diversi valori ed essere contemporaneamente sia “0” sia “1”. Senza entrare troppo nel merito della meccanica quantistica e senza scomodare inutilmente il principio di indeterminazione di Heisenberg possiamo concentrarci sulle comunicazioni, possiamo dire che questi oggetti sono “estremamente” sensibili. Tanto da rendere qualsiasi tipo di manipolazione immediatamente percebile. Ed qui che entra in gioco la cybersecurity. Oggi attraverso le reti di fribra ottica inviamo miliardi di fotoni divisi in pacchetti.
Se un oggetto quantistico che associa a un bit di informazione un fotone viene copiato o rubato chi riceve l’informazione immediatamente si accorge che qualcosa è andato storto. Il che rende il dialogo più sicuro di quanto avvenga oggi. In particolare la distribuzione quantistica di chiavi di crittografia (Quantum Key Distribution), utilizzando le proprietà della luce a livello quantistico, permette di rivelare in tempo reale la presenza di attacchi e violazioni del canale di comunicazione, garantendo quindi la sicurezza della trasmissione. Le sperimentazioni sono in corso. Reti QKD in fibra ottica dimostrative sono state realizzate in varie aree metropolitane, nei diversi continenti: a Vienna, Tokyo, e in Cina. In Asia sta nascendo un collegamento di 2mila km, da Shangai a Pechino, coadiuvato da una trasmissione QKD satellitare per raggiungere zone estremamente distanti. La notizia è che in Europa ci siamo mossi.
Programmi di sviluppo di tecnologie quantistiche sono stati lanciati nei Paesi Bassi, in Germania e in Uk.
In Italia, c’è da annoverare la collaborazione fra INRIM e CNR per la realizzazione di una dorsale di comunicazione quantistica lungo il Paese (progetto Q-SecGroundSpace, in corso di realizzazione) e la collaborazione fra l’Università di Padova e ASI che ha portato alla prima comunicazione quantistica satellitare.
Come appare evidente siamo indietrissimo. Anzi, stiamo parlando di una rivoluzione vera, scomoda perché metterebbe tutto in gioco e complicata sul lato delle tecnologie. Mancano per esempio ripetitori quantistici (ancora allo stadio prototipale) per garantire trasmissioni su scala più lunga. Manca uno standard (e un accordo) per decidere quale possa essere il miglior tipo di codifica dell’informazione. Sul satellitare manca addirittura studi che certifichino la fattibilità sperimentale. Senza contare il processo di migrazione degli attuali strumenti di crittografia in un mondo regolato dall’informatica quantistica. Manca tutto. Forse troppo. Ma proprio per questo per la sicurezza del cyberspazio è la tempesta perfetta. Nel senso buono.
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