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Dossier Assistenti virtuali e prodotti smart entrano in casa

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    Dossier | N. 21 articoliBusiness e Tecnologia

    Assistenti virtuali e prodotti smart entrano in casa

    Intelligenza artificiale per tutti. Può sembrare uno slogan ma è quanto sta già accadendo. Per avere la conferma basta pensare alla quantità di prodotti già in vendita. Il loro aspetto può essere quello di uno speaker, una telecamera o di un componente industriale. In realtà questi dispositivi sono più che smart perché le loro funzioni vengono arricchite da una buona dose di Intelligenza artificiale (Ia). Può essere applicata al riconoscimento vocale, al momento il modo di interazione più facile e naturale per gli utenti, come nel caso della seconda generazione di speaker Echo di Amazon, la linea Home di Google o gli HomePod di Apple. Questi assistenti intelligenti negli Usa sono già entrati in milioni di case. Lo scorso anno nel mondo invece sono stati acquistati quasi 34 milioni di smart speaker e quest’anno, secondo le previsioni di Canalys, si supereranno i 56 milioni di unità.

    Cosa fanno e a cosa servono? Rispondono alle domande, dispensano consigli, obbediscono ai comandi vocali, ordinano la spesa e controllano altri dispositivi smart, come la porta di casa, le luci e il termostato. Dove risiede la Ia? Nel cloud, aggiornatissima e sempre disponibile. Questa è solo la prima avvisaglia di quello che il domani ci riserva anche grazie agli investimenti dei colossi dell’high tech. Intel lo scorso settembre ha investito un miliardo di dollari in un ecosistema di start up legato alla Ia. Non è da meno Amazon che verso la metà di giugno inizierà a vendere negli Usa, al prezzo di 249 dollari, DeepLens videocamera programmabile per il deep learning che aiuterà gli sviluppatori a creare prodotti basati sull’apprendimento profondo e la Ia. A questa rivoluzione partecipa anche l’industria dell’intrattenimento che sta reinventando i modelli di divertimento e la produzione di contenuti. Così The Walt Disney Studios ha scelto Accenture come membro fondatore e innovation partner di StudioLab. Qui prenderanno vita nuove forme di intrattenimento, anche cinematografico, “immersivo” legate all’internet delle cose e alla Ia.

    Non mancheranno i casi di digital disruption. Tra gli ambienti di lavoro più a rischio gli uffici dove, per il momento soprattutto negli Usa, ci si prepara a una invasione di software robot a cui verranno affidati i compiti più ripetitivi del back office. «Negli Usa sono a rischio almeno quattro milioni di posti di lavoro entro il 2021» avverte Craig Le Clair, analista di Forrester research. Ognuno di questi robot software (bot) può svolgere l’attività di 3 o 4 impiegati umani full time dando un taglio drastico ai costi. Infatti il costo della licenza annuale di un bot è tra gli 8 e i 9mila dollari.

    Un altro grande terreno di sfida sarà l’auto. Un report di McKinsey evidenzia come per gli Oem il valore aggiunto dell’Ia nel 2025 sarà di circa 215 miliardi di dollari grazie all’ottimizzazione dei principali processi nella catena del valore. Il report conferma un grande interesse da parte delle case: quasi il 70% cambierà fornitore optando per chi offre le migliori funzioni di guida assistita o/e autonoma.

    Un avvertimento sui possibili rischi portati dall’Ia l’ha lanciato in tempi non sospetti Stephen Hawking, il fisico britannico scomparso la scorsa settimana. «Le primitive forme di intelligenza artificiale che abbiamo già si sono dimostrate molto utili - disse - ma penso che lo sviluppo di un’intelligenza artificiale completa potrebbe mettere fine alla razza umana». Sembra di capire che l’uomo deve avere l’ultima parola sulle decisioni dell’Ia.

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