
I social favoriscono il bullismo? Combattiamo il bullismo con i social! O almeno ci si prova. Ma puntando sulle relazioni reali, non quelle virtuali. Perché se i social tradizionali sono sul banco degli imputati perché fanno da cassa di risonanza per i cyber bulli da tastiera e sono accusati di favorire la comunicazione violenta dei leoni da tastiera, si cerca di recuperare la parte "buona" delle tecnologie, utilizzandone le potenzialità per limitare i fenomeni di prevaricazione, con l'aiuto della geolocalizzazione. E passando, così, dal virtuale al reale.
HiBye, l'app del social "in carne e ossa"
E' questa l'idea di HiBye , startup milanese che ha lanciato nel novembre scorso una app geolocalizzata, con l'obiettivo di creare un social “in carne e ossa", per favorire il contatto tra persone che si trovano nello stesso posto e hanno interessi comuni. Proprio la geolocalizzazione, secondo i fondatori, potrebbe essere un utile strumento di aiuto tra pari in caso di episodi di bullismo, rendendo facile semplice e immediato chiedere aiuto a un proprio contatto presente nella stessa scuola che potrebbe intervenire in tempo reale. La Rete, quindi, che dal virtuale torna al reale, con una vocazione sociale. L'app, spiega l'ad Pietro Miconi, è nata «per permettere agli utenti di non perdere tutte le opportunità che derivano dalla vicinanza fisica». Per esempio, potrei scegliere di condividere un taxi con una persona che è tra i miei contatti e si trova nelle vicinanze (in questo senso HiBye ha anche presentato un progetto per Milano) oppure condividere informazioni ed esperienze con qualcuno che non conosco ma che condivide i miei interessi.
Nelle scuole, contro il bullismo ma non solo
Visto che il pubblico potenziale è soprattutto quello di giovani e giovanissimi, da qui al passaggio alle scuole il passo è breve: HiBye sta presentando la sua applicazione nelle scuole (per ora a Roma e Milano) per spiegare ai ragazzi come l'aiuto peer-to-peer può essere un aiuto efficace per non sentirsi isolati se vittime di episodi di bullismo. «I ragazzi sono molto interessati - racconta Miconi - soprattutto quando gli faccio l'esempio, oltre che del bullismo, del vocabolario di latino: se hanno il compito e lo hanno dimenticato a casa, quale modo migliore di chiedere alle altre classi che lanciare un messaggio su una app condivisa? Più facile che fare il giro delle classi, per esempio». Ovviamente i ragazzi «vedono anche il limite che è quello della scarsa diffusione, per ora, dell'app che è giovane ed è stata appena lanciata: la nostra sfida, quest'anno, è quella di raggiungere la massa critica adeguata». Per questo HiBye, che al momento ha quasi 10mila utenti, in questi giorni è «in trattativa con fondi e crowdfunding per un nuovo round di finanziamento. Non vogliamo mettere pubblicità in questa fase - spiega l'ad - quindi non fatturiamo, noi vogliamo crescere con la nuova versione, raggiungendo più utenti con nuovi investitori e nuovi capitali, e un domani si fattura».
Per You Pol, l'app del ministero dell'Interno, 300 segnalazioni da inizio anno
Insomma, l'idea è quindi quella di utilizzare l'ampiezza della Rete che un social può garantire per affrontare problemi e momenti quotidiani. Il "buono" del social, quindi, a servizio degli utenti. E che la tecnologia possa essere un alleato utile e non solo un mostro da combattere è ormai chiaro a tutti, con il virtuale che non sostituisce il reale ma ne diventa complemento. Sempre in tema di bullismo, per esempio, il ministero dell'Interno, ha lanciato nell'autunno scorso l'applicazione YouPol, con lo scopo di permettere a tutti di interagire direttamente e facilmente con la Polizia di Stato, consentendo l’invio di segnalazioni di episodi di bullismo o di spaccio di sostanze stupefacenti. L'applicazione è stata lanciata a novembre prima a Milano, Roma e Catania e poi ada febbraio nei capoluoghi di Regione e sono state finora circa 300 le segnalazioni ricevute dalle sale operative italiane, soprattutto per casi di spaccio.
© Riproduzione riservata