Zte, società della Repubblica Popolare cinese con sede a Shenzhen produttrice di componentistica per telecomunazioni e telefoni cellulari, pare aver accusato il colpo: dopo il divieto decretato dal Dipartimento del commercio statunitense di vendita di componentistica “made in Usa” all’azienda cinese nei prossimi sette anni, deciso lo scorso aprile, sembra trovarsi in difficoltà e ha sospeso la vendita di prodotti sul proprio sito web e sulla piattaforma di e-commerce di Alibaba Group Taobao, dove da qualche giorno, se vengono cercati prodotti Zte, viene visualizzato un messaggio di “pagina in aggiornamento”. Tanto è vero che, secondo documetazione Zte citata dall’agenzia Reuters, in seguito al bando «le principali attività operative dell'azienda sono cessate».
Un «Comitato di conformità» presieduto dal Ceo
La società, che è il secondo più grande produttore di apparecchiature per telecomunicazioni della Cina continentale, sta cercando di correre ai ripari e ha presentato domenica scora alla sezione Buerau of Industry and Security (Bis) del Dipartimento del commercio Usa una richiesta per la sospensione del decreto. Sul sito dell’azienda, è presente un messaggio che afferma che «Zte ha istituito un Comitato di conformità diretto direttamente dal suo amministratore delegato». Questo Comitato, costituito - sottolinea Zte nel comunicato - da «un team globale di esperti», sta monitorando l’attuazione delle direttive imposte dal Bis sulla conformità delle esportazioni della società e ha presentato alle
autorità Usa «132.000 pagine di documentazione» a proposito. Inoltre, sottolinea ancora l’azienda cinese, «nel solo 2017, Zte ha investito oltre 50 milioni di dollari nel suo programma di conformità per il controllo delle esportazioni e prevede di investire maggiori risorse nel 2018».
Sul sito della società si legge anche che «Zte ha lavorato diligentemente al programma di controllo dell'esportazione e ha investito enormi risorse nel rispetto delle [regole sulle] esportazioni, compiendo progressi significativi dal 2016. È inaccettabile -prosegue il comunicato - che il Bis insista per imporre ingiustamente le sanzioni prima del completamento delle indagini sui fatti, ignorando il continuo e diligente lavoro svolto da Zte e i progressi compiuti in materia di conformità delle esportazioni». E questo, sottolinea ancora la società di Shenzhen, non considerando che «la società ha preso misure contro i dipendenti che potrebbero essere stati responsabili di questo incidente; ha stabilito immediate misure correttive e ha affidato a un un prestigioso studio legale statunitense il compito di condurre indagini indipendenti».
Le accuse: «Vendita di tecnologie Usa a Paesi nemici»
Si tratta dell’ennesimo sviluppo di una vicenda che va avanti ormai da tempo. Lo scorso marzo, Zte pensava di aver risolto il caso pagando una multa di quasi 900 milioni di dollari, dopo aver ammesso, in seguito alle accuse delle agenzie governative Usa , di aver inviato “illegalmente” prodotti con tecnologia statunitense a nazioni come l’Iran e la Corea del Nord (quando ancora il Paese dell’Estremo Oriente era nemico giurato degli Stati Uniti). Ma il mese scorso, il governo degli Stati Uniti aveva riattivato il divieto dopo aver affermato che Zte aveva violato i termini dell'accordo.
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