È partita sabato 20 ottobre alle 3:45 ora italiana Bepi Colombo, una missione spaziale europeo-giapponese da lungo attesa e molte volte rimandata per le inattese difficoltà incontrate nel cammino che va dalla ideazione alla rampa di lancio. Andrà infatti a studiare Mercurio, il pianeta più vicino al Sole e ancora molto misterioso, sfidando temperature e flussi di radiazione infernali.
Lo strano nome che porta questa missione vuole ricordare un grande scienziato italiano del secolo scorso, Giuseppe Colombo, cui sono dovute molte intuizioni e scoperte proprio in campo spaziale, anche a proposito di Mercurio.
La prima sonda che lo visitò, la Mariner di Nasa, riuscì infatti ad andare, e ritornare, sul pianeta sfruttando l'effetto
gravitazionale, la “fionda” proposta proprio da Colombo, che amava farsi chiamare Bepi, alla veneta, dagli amici europei e
americani.
È di 1,4 miliardi di dollari il costo vivo, ma c'è chi parla di 3 miliardi prendendo in considerazione anche i molti finanziamenti
nazionali per la strumentazione a bordo, ed è quindi forse fra le ultime grandi missioni spaziali in un mondo di mini e micro
satelliti che sta prendendo forma. Tanto per capire Google ha ottenuto la licenza necessaria per spedirne in orbita attorno
alla Terra 5000 nei prossimi anni.
Il complesso satellite, del peso di circa 500 kg al lancio, partirà dalla base di Kourou, Guyana francese, grazie al vettore europeo Vega5, che
è rifornito e gestito, praticamente al 100%, dall'italiana Avio, leader nel campo dei razzi a combustibile solido.
Molte le particolarità di questa missione che impiegherà ben 7 anni per arrivare a Mercurio che tutto sommato dista solo 100
milioni di chilometri da noi. Ci metterà tutto questo tempo perché, se venisse spedito direttamente potrebbe impiegare circa
sei mesi, ma, giunto a Mercurio, avrebbe guadagnato una velocità tale che non riuscirebbe certamente a frenare, diciamo così,
e di conseguenza, come il mitologico Icaro, finirebbe dentro il Sole.
Il satellite quindi compirà un primo passaggio ulteriore vicino alla Terra, per guadagnare energia grazie all'effetto fionda,
poi farà due passaggi con Venere e sei con Mercurio e tutto questo per guadagnare energia e mettersi in un'orbita sufficientemente
stabile attorno al pianeta dove rimarrà per un anno o forse, si spera, due.
In realtà la sonda vera e propria che parte è solo un sofisticato contenitore guidato da motori elettrici che rilascerà, una volta arrivato al pianeta, due diverse sonde, Bepi europea e Mmo giapponese. L’Italia, supportata dall'Agenzia Spaziale, Asi, è in prima fila in questa missione così delicata, sia dal punto di vista scientifico sia per la parte industria.
Il gruppo Leonardo, con la partecipata Thales Alenia Space, ha avuto una parte fondamentale, coordinando 35 aziende europee
per le parti di telecomunicazione, controllo termico e distribuzione della potenza elettrica, oltre a eseguire l'integrazione
e test definitivo del satellite. A buona parte del segmento di terra, come per esempio la comunicazione con il satellite,
partecipa poi Telespazio tramite la controllata tedesca Telespazio Vega.
Scienza e tecnologia italiana hanno poi fatto un tutto unico per la realizzazione di un complesso e sofisticato gruppo di strumenti, Symbiosis, che faranno l'analisi del suolo e della sua composizione, oltre a prendere immagini dettagliatissime del pianeta. Da questo gruppo di strumenti, il cui responsabile è l'italiano Gabriele Cremonese, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, ci si attende la risposta ad alcune delle domande fondamentali ancora irrisolte su Mercurio.
Certo per strumenti che devono garantire prestazioni di eccezione sopravvivere alle condizioni tremende che si hanno attorno a Mercurio, con temperature che vanno dai 400 gradi per la parte illuminata dal Sole ai -180 della parte in ombra e con la radiazione solare che in media è 10 volte più forte di quella che arriva sulla Terra non sarà facile, e la preoccupazione per queste condizioni, ha portato a ritardi nella realizzazione di molte parti e severità nei test di sopravvivenza vera e propria.
Tanti i problemi tecnici affrontati, che sono stati affidati in buona parte al Centro spaziale padovano, Cisas, che porta
il nome di Giuseppe Colombo, che insegnò nell'Università veneta, e ne continua la missione di esplorazione dello spazio con
le migliori più importanti tecnologie. Fin dall'inizio infatti manager tecnico del satellite è stato nominato Stefano Debei,
che oggi è direttore del centro. Temperature infernali, radiazione, forte influsso della preponderante gravità del Sole sono
i fattori che hanno fatto sudare i tecnici impegnati in questa missione.
Ma come mai si spendono parecchi soldi per mandare un paio di ultra sofisticati satelliti su Mercurio? Per certi versi si
potrebbe guardarlo come un risarcimento sui generis, dato che verso i pianeti interni, Venere e Mercurio, l'interesse è sempre
stato grande ma le possibilità tecnologiche limitate, solo due satelliti hanno raggiunto Mercurio e ben 60 Marte, anche se
una trentina, specialmente russi, sono andati persi.
Capire, conoscere Mercurio molto meglio è fondamentale per svelare i primi processi che avvennero nel sistema solare, compresa la formazione della nostra Terra. La missione studierà tutti gli aspetti del pianeta: dalla struttura del suo campo magnetico, che presenta stranezze tuttora incomprese, alla ragione per cui il pianeta, nel corso del tempo recente, parliamo comunque di milioni e milioni di anni, si è ristretto e anche non di poco: si parla di 7 km.
Altro problema è capire perché Mercurio è così nero rispetto a tutti gli altri pianeti del sistema solare, riflette molto
meno della Terra la luce del Sole. Ma ancora: di che materiale è fatta la sua superficie e cosa produce un campo magnetico
100 volte più debole che non quello terrestre, unici due esempi in tutto il sistema Solare.
Un aspetto su cui c'è grande attenzione da parte degli scienziati è rappresentato dai cosiddetti hollow. «Sono delle depressioni di cui non si riesce assolutamente a capire l'origine da un punto di vista geologico che sono state messe in luce dalla sonda spaziale americana Messenger qualche anno fa, speriamo anche di capire come mai c'è un'attività vulcanica che non ci aspettavamo» ci dice Gabriele Cremonese che si aspetta risultati definitivi anche per la verifica della presenza o meno di ghiaccio ai poli di Mercurio, entro crateri, come è per la Luna. Insomma, il trascurato Mercurio sta per essere rivelato, occorre aspettare un decennio però, per i tempi dell'Universo è nulla, consoliamoci così.
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