La Puglia crede nello Spazio e si sta attrezzando per entrare a pieno titolo nel mercato del volo suborbitale, sotto i 100
chilometri di altezza e con rientro al suolo. Il recente accordo firmato da Virgin Galactic, la compagnia spaziale del gruppo
di Sir Richard Branson, e l'Agenzia spaziale Italiana, Asi, lo dimostra chiaramente: l'aeroporto Arlotta di Grottaglie diventerà
infatti uno spazioporto per i primi voli commerciali della Virgin.
Da lì partirà l'affascinante velivolo WhiteKnightTwo, un aereo doppio se vogliamo con al centro lo spazio per alloggiare lo Spaceshiptwo, una navetta autonoma che verrà rilasciata dal velivolo madre a 15.000 metri di altezza, per poi continuare la sua salita fino agli 80 e forse 100 chilometri. Da lì, dopo 6 minuti di caduta libera, gli 8 passeggeri, facoltosi e amanti del brivido, potranno assaporare una lunghissima esperienza di assenza di peso.
Il velivolo, riutilizzabile, tornerà poi da dove era partito. Biglietto: 250.000 dollari in vendita da anni, con Branson che
ha annunciato più volte l'imminenza del primo volo. Ora pare che ci siamo, un volo di test ha raggiunto i 50 chilometri e
Virgin si sta preparando per arrivare agli 80. La prevendita dei biglietti per facoltosi sembra insomma, una forma di finanziamento
dell'impresa, non dichiarata ma accettata dai futuri passeggeri.
L'aeroporto Arlotta, in provincia di Taranto, ha ottime caratteristiche per diventare uno spazioporto: una latitudine abbastanza
bassa, che facilita le operazioni e il decollo, chiamiamolo così, un ottimo meteo e una pista sufficientemente lunga, 3.2
chilometri, e larga dove già ora atterrano e ripartono i grandi Boeing 747 che trasportano pezzi di fusoliera prodotti nel
vicino stabilimento di Leonardo.
Una difficoltà, che si sta affrontando, è che in Italia non c'è normativa su questi temi nuovissimi, anche nello spazioporto
americano di Virgin, nel deserto, ci fu lo stesso problema. Enac, l'ente competente, che già ha dato la qualifica di sperimentale
a questo aeroporto si sta prodigando per capire se è possibile applicare le regole americane, peraltro molto rigide in termini
di sicurezza.
«Lo studio di fattibilità di questa complessa operazione lo ha curato il Politecnico di Bari e, se tutto va bene, si spera
di iniziare a essere operativi per il prossimo anno» dice il prorettore per la ricerca Vito Albino e ricorda come due importanti
industrie, Altec e Sitael, in accordo con Virgin, stiano valutando se produrre pezzi del nuovo velivolo suborbitale oppure
addirittura un esemplare intero. È chiaro infatti che il trasporto di facoltosi passeggeri è solo un primo passo verso l'apertura
di un mercato nuovo: da 80 chilometri dal suolo si possono anche lanciare, con molta minor spesa, satelliti di nuova generazione
e peso ridotto.
«Il Politecnico di Bari sta facendo la sua parte, non solo con lo studio di fattibilità, ma anche con l’accensione dei corsi
di studio in ingegneria spaziale per preparare ingegneri pronti per questa nuova sfida» conclude Albino.
Molto positivo sul futuro spaziale della Puglia è il generale Roberto Vittori, uno dei nostri astronauti, che ci dice, senza
mezzi termini, che ha trovato in Puglia un ambiente “estremamente positivo, dinamico, disposto a investire e rischiare”. È
lo spirito giusto secondo Vittori per lanciarsi in questa avventura che rappresenta un nuovo modo di intendere la Space economy.
Oggi si parla tanto di Space economy, indubbiamente in aumento come fatturato soprattutto per due motivi: i progressi tecnologici che rendono fattibile un satellite anche con poche decine di migliaia di euro e l'intervento di privati, soprattutto americani, che sono disposti a rischiare il loro capitale in prima persona pur di raggiungere degli obiettivi che siano veramente “spaziali”. L'idea di Vittori, che ha ribadito in un recente incontro al Politecnico di Bari, esce dal mainstream: «Oggi si intende come Space economy una serie importante di attività, che però si fanno da e a terra, ma la vera accezione riguarda quello che si farà andando nello spazio, sulla Luna o Marte o sugli asteroidi, per estrarre minerali o impiantare industrie manifatture, basi di lancio e altro».
Spiazza non poco questa visione di quel che è veramente un' economia dello spazio, fuori dal pianeta Terra. Un campo completamente da investigare e sfruttare. «Perché non siamo ancora tornati sulla Luna per impiantare un'industria che sfrutti la bassa gravità del nostro satellite, l'assenza di atmosfera e quindi di inquinamento successivo dovuto a gas o particelle?» Questa è la domanda che pone Vittori in questa nuova visione dell'economia spaziale. In Puglia ci credono.
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