Da qualche giorno per le strade del quadrilatero della moda di Milano è facile incrociare persone che viaggiano sulle due miniruote dei monopattini elettrici. È Helbiz, startup di Los Angeles creata da un italiano, Salvatore Palella, attiva nel car sharing via blockchain ad aver piazzato in fondo a via Montenapoleone, nello spazio di fianco al bar di Armani, una ventina di monopattini a disposizione dei milanesi più arditi che vogliono cimentarsi con l'avventura di serpeggiare tra auto e tram sul pavè del centro con il veicolo che rappresenta l'ultima moda in fatto di mobilità sostenibile.
Arditi non solo per la sfida al traffico milanese, ma anche perché si muovono all'interno di un vuoto normativo che crea qualche difficoltà per uno strumento che viene sempre più concepito come mezzo all’interno di una mobilità integrata per compiere l'”ultimo miglio” urbano, in agilità, al pari delle biciclette.
La sfida milanese
L'iniziativa di Helbiz, dopo mesi di dialogo con il Comune, ha sollevato un vespaio tra i concorrenti che ambivano a sbarcare
per primi in una delle città più innovative dal punto di vista della mobilità urbana. «La nostra iniziativa non è altro che
un test per far prendere dimestichezza e far conoscere ai cittadini questo nuovo sistema di trasporto, pratico ed ecosostenibile
– spiega Luca Mazzetta, country manager di Helbiz Italia -. Il servizio di sharing non si attiva finché non ci saranno regole.
Il nostro obiettivo è fare pressione per arrivare a linee condivise: lo abbiamo fatto in una logica di sistema, che metta
insieme le esigenze di comuni, cittadini e di tutti gli attori». I veicoli messi in strada a Milano hanno una potenza non
superiore ai 250 watt e non superano i 24 km/ora, «anche se noi consigliamo di non superare i 5 km/ora e di utilizzare sempre
il casco».
Ma l'aver messo in strada i monopattini proprio mentre si stava sviluppando un dialogo per arrivare a una soluzione comune
è stato colto come un'ostilità dai concorrenti, a partire da uno dei colossi globali del settore: «Ci aspettavamo che ci fosse
una risposta ferma e coerente da parte delle autorità di fronte a un'iniziativa singola, con il risultato di incentivare i
protagonisti a fare come si vuole», ribatte Alessandro Tommasi, responsabile degli Affari istituzionali Sud Europa di Lime,
già presente con i suoi “scooter”, così si chiamano in inglese, a Parigi, Madrid, Zurigo e Tel Aviv, oltre a una serie di
metropoli Usa.
«L'offerta che abbiamo fatto a Milano – prosegue Tommasi - è replicare quanto già fatto nelle altre città, con un protocollo
d'intesa che fornisca un quadro regolamentare entro cui poter operare e condividere i dati. Abbiamo perfino rispolverato una
vecchia circolare che avrebbe potuto sanare la situazione con un'interpretazione che avrebbe puntato verso l'utilizzo come
acceleratore di velocità. Adesso confidiamo che arrivi una spinta decisiva dal ministero dei Trasporti».
Il nodo regolamentare
Il monopattino elettrico finisce per cadere in un vuoto normativo che ne impedisce l'uso in strada. Non rientra infatti in
alcuna categoria e quindi non può circolare per strada, non essendo omologato sulla base del Codice della strada. In teoria
anche i monopattini a spinta, quelli che usano i bambini, ma sempre più anche gli adulti, sarebbero fuori norma. Ma per quelli
l'uso è limitato al marciapiede.
Insieme a Torino, Milano si è confermata città molto innovativa da questo punto di vista e qualche mese fa ha lanciato un bando di gara per l'assegnazione del servizio di sharing elettrico in monopattino. Lime ha partecipato, ma tutto è congelato perché condizione necessaria è «che i veicoli siano omologati». Insomma, un cane che si morde la coda!
«Noi ci stiamo adoperando per ottenere una risposta del ministero e invitiamo tutti gli attori a fare pressione in questo senso», rispondono dall'assessorato alla Mobilità di Milano. Intanto chi ha iniziato a far circolare i monopattini elettrici «lo fa sotto la sua responsabilità». E chi circola con quei mezzi è passibile di multa da parte della polizia urbana.
Braccio di ferro mondiale
Il vuoto regolamentare non è solo italiano ma gli operatori di “scooter” hanno sfruttato nel resto d'Europa, dove sono sbarcati
la scorsa estate, la maggiore autonomia regolamentare degli enti locali che ha permesso a città come Parigi, Bruxelles e Parigi
di mettere a punto dei codici di condotta urbani per facilitare un servizio sempre più in voga per completare un'offerta di
mobilità sostenibile integrata a livello urbana.
La stessa Helbiz punta a completare la sua piattaforma nata attorno a un innovativo car sharing via blockchain con i monopattini e, in prospettiva, con le biciclette elettriche, sempre con servizi free floating.
Lime e la concorrente Bird, più focalizzati sugli “scooter”, hanno ormai superato i dieci milioni di viaggi sulle due miniruote partendo dalle metropoli americane. Dove, peraltro, non tutto è filato liscio. I due operatori, come anche Uber, entrata nel comparto mediante la sua compagnia di bike sharing Jump, che si è ampliata anche al monipattino, sono stati esclusi a sorpresa il mese scorso dall'assegnazione dei servizi di San Francisco, a favore di due più piccoli rivali, Scoot e Skip.
Motivo? Entrambe avevano forzato la mano scendendo in strada con i veicoli ancora prima di avere l’autorizzazione, provocando reazioni non sempre entusiastiche dei cittadini e l'irritazione dell'amministrazione. Lime ha imparato la lezione e a Milano ha scelto la strada della concertazione.
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