In un rapporto pubblicato in Ottobre, esperti dell'Ipcc hanno stimato che impedire che il riscaldamento globale superi i 1.5°C costerà la sconcertante cifra di 2.4 trilioni di dollari all'anno fino al 2035. Alcune aziende hanno già cominciato a pagare parte di questa bolletta astronomica comprando quote di emissioni di CO2. Ma il sistema a quote non è benvisto, almeno non in Europa, dove è considerato un peso. Ecco allora che un nuovo sistema si è fatto strada a partire dal Cop21: il carbon pricing interno, che consiste nello fissare internamente un prezzo alle proprie emissioni di CO2.
Sono sempre di più le aziende interessate alla misura, che è completamente
volontaria. Secondo l'organizzazione internazionale Cdp, lo scorso anno 782 grandi aziende nel mondo hanno dichiarato di voler
applicare un prezzo interno alle proprie emissioni, mentre 607 aziende l'avevano già messo in pratica – un aumento dell'800%
rispetto a quattro anni prima.
La necessità non conosce leggi. Ovunque si trovino, le multinazionali capiscono che il cambiamento climatico può colpire il
loro business. Gli investitori si preoccupano sempre di più di questo rischio, e si impegnano in campagne di sensibilizzazione.
“Fa parte delle nostre discussioni con analisti e gestori di fondi,” dice Claire Tutenuit, amministratore delegato dell'associazione
francese Entreprises pour l'Environnement. Amundi, la più grande società di asset management in Francia, ha reso il carbon
pricing parte integrante del suo
business.
Fissare un prezzo per le proprie emissioni di CO2, in genere attraverso tariffe di
gruppo, è anche un'opportunità per le aziende per rispondere al corpo di leggi e
tariffe – esistenti e in continuo divenire – ovunque facciano affari. Oggi il 20% delle emissioni di CO2 a livello globale è coperto da prezzi del carbonio fissi, stabiliti da stati, città, province o federazioni.
Ma secondo Sébastien Postic, project manager presso il think-tank francese I4CE, “poche aziende aderiscono al sistema con l'obiettivo primario di migliorare le proprie performance.” Postic ha identificato più di una motivazione dietro al loro impegno. Per le banche e le compagnie di assicurazioni, si tratta soprattutto di “proteggersi” davanti ai propri clienti, secondo Postic. I gruppi industriali invece “hanno l'obiettivo di ridurre le proprie emissioni di CO2,” spiega. “Specialmente in uno scenario internazionale eterogeneo e mutevole, è un modo per proteggersi dal rischio che vengano adottati prezzi del carbonio ‘esterni' – come tasse o mercati del carbonio – o che i prezzi esterni fluttuino.” La risposta si chiama “shadow pricing”, e consiste nel aggiungere un prezzo del carbonio interno al costo dei propri investimenti.
Lo shadow pricing, o virtual carbon pricing, è incoraggiato da istituzioni finanziarie tra cui Banca Mondiale, Bers e Bei. Permette alle aziende di garantire la sostenibilità dei loro progetti migliorando la loro efficienza energetica, in paesi che probabilmente adotteranno o aumenteranno il loro prezzo del carbonio. In Cina, per esempio, i prezzi variano da 1 a 10 dollari alla tonnellata a seconda della regione, e sono destinati ad aumentare, dato l'ambizioso piano cinese di ridurre le proprie emissioni di gas serra. In Australia ci sono altrettanti investimenti di aziende straniere, ed è un altro mercato in cui la prudenza paga. Lì il carbon pricing varia in base al partito al governo – che cambia spesso.
In Francia, alcune aziende si addebitano internamente il prezzo del carbonio
adottato. La Banque Postale, per esempio, ha stabilito il prezzo delle proprie
emissioni a 8 dollari la tonnellata. I soldi finiscono in accantonamenti che finanziano iniziative per ridurre le emissioni.
La Société Générale ha un piano simile: la tassa interna (11 dollari alla tonnellata) finanzia iniziative per migliorare la
propria sostenibilità aziendale. Nei primi tre anni, il sistema ha contribuito a ridurre le emissioni del 1.4%.
I prezzi interni variano molto di azienda in azienda. Secondo il CDP, vanno da 1 a 800 dollari per tonnellata di CO2. “Molto dipende dall'orizzonte temporale di un investimento,” spiega Tutenuit. “Più lungo è, più è probabile che aumenti il prezzo.” La conseguenza è che le aziende coi livelli di emissioni più alti sono in prima fila. In Francia, 67 aziende quotate in borsa hanno adottato un prezzo interno. Ma il sistema non ha ancora fatto presa sulle piccole e medie imprese, i cui investimenti non sono abbastanza grandi, e quasi mai internazionali.
Questo articolo è pubblicato nell’ambito di Solutions&Co, un’iniziativa internazionale e collaborativa tra venti testate giornalistiche da tutto il mondo focalizzata sulle imprese che stanno sviluppandosi oltre lo stadio di startup nella lotta contro il climate change. Trovate altre storie qui.
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