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    Dossier | N. 15 articoliAcceleriamo le soluzioni per il clima

    I rifiuti elettronici diventano una miniera di opportunità

    Olivier Roche
    Olivier Roche

    Serge Kimbel vede i rifiuti elettrici ed elettronici (electrical and electronic
    equipment, Weee) nello stesso modo in cui l'alchimista medievale Nicolas
    Flamel vedeva il piombo: come una fonte d'oro. Kimbel è direttore esecutivo di
    Morphosis, un'impresa del nord della Francia costruita sui piccoli tesori –
    argento, platino.

    “Non siamo i soli a operare in questo mercato, anche il settore minerario ha cominciato a recuperare questi materiali.” spiega il fondatore della piccola-media impresa di circa 50 dipendenti. “Ma dal punto di vista dei costi, noi siamo più competitivi perché i nostri materiali sono più puri e vengono trasformati secondo le esigenze dell'industria.”

    Ogni anno, i due stabilimenti di Le Havre macinano e polverizzano circa 25mila tonnellate di Wee per recuperare i loro contenuti preziosi. Il processo industriale di Morphosis unisce trattamenti chimici, meccanici e termici per estrarre i minerali dagli scarti, che nell'80% dei casi arrivano agli stabilimenti smontati. Il settore ha grande potenzialità di crescita, visto che il mercato dei prodotti elettronici sta crescendo “dell'8 o 9 percento all'anno,” secondo Kimbel.
    Esperti dell'Unione Europea prevedono che il volume dei rifiuti da trattare possa raggiungere 12 milioni di tonnellate entro il 2020, solo all'interno dei confini dell'unione.

    Ma se il settore sembra una miniera di opportunità, il trattamento dei rifiuti elettronici sta diventando sempre più complesso. I volumi di WEEE continuano a crescere, mentre le concentrazioni di metalli preziosi al loro interno sono in forte calo; e nel frattempo la concorrenza aumenta. I paesi asiatici sono i più grandi produttori di questo tipo di rifiuti, e si stanno attivando nel settore. È un campo in cui interessi economici e ambientali convergono. Rilasciando grandi quantità di CO2 e consumando molta energia, quello minerario è il settore che contribuisce di più all'emissione dei gas serra che stanno surriscaldando il pianeta. Ci sono solo 0.0011 grammi d'oro per tonnellata di crosta terrestre, e per estrarlo vengono spostate intere montagne.

    Nel caso dei tesori recuperati dell'economia circolare invece, le probabilità sono molto più alte. I cellulari sono un esempio: una tonnellata di schede elettroniche può contenere fino a un chilo d'oro, cinque chili d'argento, nove di tantalio e 250 di rame. Secondo uno studio recente dell'Agenzia Francese per l'Ambiente e la Gestione dell'Energia (Ademe), nel 2012 solo un quarto delle schede elettroniche raccolte è stato processato. Solo l'oro che non è stato estratto dalle schede costituisce una perdita per l'economia di circa 124 milioni di euro (143 milioni di dollari).

    @ Olivier Roche

    “Stiamo lavorando per avere il minore impatto energetico e le minori emissioni di CO2 possibili. È importante per la nostra sostenibilità economica,” dice Kimbel. Quando Morphosis brucia la plastica contenuta nelle schede di memoria, il calore rilasciato viene riusato per trattare i metalli preziosi, e per il riscaldamento delle sedi dell'azienda a Le Havre. L'installazione di pannelli fotovoltaici renderà il nuovo stabilimento di Morphosis a Fécamp, in Normandia, a impatto zero. L'azienda sta investendo cinque milioni di euro nell'edificio, con l'obiettivo di trattare una vasta gamma di prodotti con una resa elevata, tenendo basso il consumo di energia. Morphosis crede molto negli investimenti nell'innovazione. “Ricerca e sviluppo costituiscono più del 10 percento del nostro fatturato (12 milioni di euro nel 2017),” dice Kimbel. Il suo obiettivo è trasformare Morphosis nel più grande stabilimento di riciclaggio di schede elettroniche in Francia.

    Uno svantaggio è che gli approvvigionamenti arrivano da sempre più lontano:
    Morphosis riceve materia prima dall'Africa, il Medio Oriente e l'America Latina.
    Questo ha delle chiare conseguenze per l'impatto ambientale dell'azienda. Però Kimbel invita a contestualizzare il dato. “Il porto di Le Havre ci permette di spedire i materiali via mare,” dice. “Questo ci fa risparmiare molto rispetto al trasporto su strada, e le emissioni di CO2 per tonnellata trasportata sono molto inferiori.”

    Questo articolo è pubblicato nell’ambito di Solutions&Co, un’iniziativa internazionale e collaborativa tra venti testate giornalistiche da tutto il mondo focalizzata sulle imprese che stanno sviluppandosi oltre lo stadio di startup nella lotta contro il climate change. Trovate altre storie qui.

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