“Palash, Arjun, Babul, Kalm…” Sunny Verma, direttore esecutivo dell'azienda indiana Afforestt, elenca i nomi degli alberi indigeni che sono stati piantati in una nuova foresta urbana al centro di Delhi. La Onlus è solo una delle organizzazioni indiane che combatte il cambiamento climatico attraverso la creazione di foreste, nel tentativo di ripulire l'aria della capitale indiana dall'inquinamento.
In estate e in inverno, la qualità dell'aria in città è molto bassa – e Delhi finora ha
ottenuto scarsi risultati nei suoi tentativi di risolvere il problema, che colpisce anche molte altre zone del Paese. Lo scorso
giugno, il Global Ambient Air Quality Database dell'Organizzazione Mondiale della Sanità mostrava che tra le 12 città con
la peggiore qualità dell'aria al mondo, 11 erano in India.
Oltre ad alti livelli di polveri sottili, l'India deve anche gestire alti livelli di CO2
nell'atmosfera, aggravati dalla mancanza di verde causata dal disboscamento. Anche se secondo le statistiche ufficiali, dall'inizio
del secolo a oggi l'India è riuscita ad aumentare la superficie del territorio coperta da verde, fonti alternative offrono
un'immagine diversa. Secondo il Global Forest Watch (GFW) – un progetto a cui collaborano l'Università del Maryland, Google,
l'Usgs e la Nasa – l'India ha continuato a perdere verde velocemente, ed è al 14° posto tra gli stati con le perdite di verde
più alte tra il 2000 e il 2010.
Con l'Accordo di Parigi del 2015, l'India ha concordato di “ridurre l'intensità delle emissioni del proprio Pil del 33-35% rispetto ai livelli del 2005, entro il 2030.” Ma ora il governo sta tirando per le lunghe. Recentemente, il Ministro per l'Ambiente, foreste e cambiamento climatico ha risposto a una domanda pubblica dicendo che il governo non ha ancora dato alcuna indicazione ai vari stati indiani su come realizzare i contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contributions).
L'India ha anche promesso di creare un sistema di assorbimento del carbonio, un ambiente naturale o artificiale in grado di assorbire CO2 dall'atmosfera, piantando nuove foreste e zone verdi per controbilanciare almeno 2.5 miliardi di tonnellate di CO2 entro il 2030.
Ma intanto, il governo di Delhi ha in programma di abbattere circa 17mila alberi per costruire centri commerciali e residenze per dipendenti pubblici nel sud della città. Dall'inizio di giugno, in centinaia sono scesi in piazza contro la distruzione del verde, e alcuni sono addirittura ricorsi alle vie legali per impedirlo. Il Tribunale Nazionale del Verde e l'Alta Corte di Delhi hanno ricevuto diverse cause contro l'abbattimento di alberi e hanno sospeso il progetto fino al verdetto – facendo tornare il governo al punto di partenza.
E data la lentezza con cui il governo indiano sta mantenendo i propri impegni,
diverse iniziative private, pubbliche e no-profit stanno intensificando gli sforzi per migliorare la situazione del paese
costruendo foreste urbane e rurali che riducano l'inquinamento di acqua e aria. Per esempio, dalla sua fondazione nel 2011,
Afforestt, in collaborazione con altre imprese sociali, ha piantato alberi autoctoni creando 126 foreste urbane in 50 città
di 11 Paesi diversi.
Fondata dall'ingegnere indiano Shubhendu Sharma, l'organizzazione si fonda su un modello open source, e insegna a persone e organizzazioni come piantare foreste in fabbriche, uffici, o anche nel proprio giardino di casa. “Afforestt usa un metodo che fa crescere le foreste 10 volte più velocemente della media - dice Sharma -. Quindi una foresta secolare può crescere in 10 anni.”
L'azienda usa un metodo sviluppato dal botanico giapponese Akira Miyawaki, che a differenza della silvicoltura commerciale utilizza solo specie autoctone seguendo proporzioni e sequenze studiate. Il risultato è una foresta a più strati, che non ha bisogno di manutenzione, e un ecosistema del tutto auto-sostenibile. Sharma ha appreso il metodo dallo stesso Miyawaki grazie al progetto di costruire una piccola foresta nel quartier generale indiano del colosso dell'automobile Toyota, dove Sharma lavorava.
“Al tempo della colonizzazione inglese, la silvicoltura in India si occupava di piantare foreste che potessero dare frutti. Quindi gli istituti di ricerca forestale non si sono concentrati sulle specie autoctone,” spiega Verma. “Miyawaki invece usa solo specie del posto. La foresta si mescola all'ecosistema locale, vive più a lungo e può esistere in ambienti urbani.” Affascinato da questa tecnica, Sharma ha prima provato a piantare una piccola foresta nel suo giardino di casa, e poi ha deciso di creare Afforestt. Col tempo l'impresa sociale ha sperimentato anche altre tecniche per migliorare le proprie soluzioni, come per esempio il miglioramento delle caratteristiche del suolo o metodi naturali.
Afforestt ha trovato partner in diverse organizzazioni forestali indiane, come Dharti Amrit, che lavora nei deserti dell'India Occidentale, e la Alaap People's Foundation, una Onlus il cui obiettivo è “inverdire” l'Himalaya. Afforest ha insegnato al Ceo di Alaap, Sheeba Sen, come piantare una foresta nel suo giardino. “Subito dopo è diventata il nostro partner tecnico, e ci rivolgiamo a loro ogni volta che abbiamo bisogno di assistenza,” dice Sen.
Queste collaborazioni tra imprese, cittadini e ONLUS sono fondamentali per ricreare le zone verdi di cui il Paese ha disperatamente bisogno per mantenere i propri impegni internazionali.
Questo articolo è pubblicato nell’ambito di Solutions&Co, un’iniziativa internazionale e collaborativa tra venti testate giornalistiche da tutto il mondo focalizzata sulle imprese che stanno sviluppandosi oltre lo stadio di startup nella lotta contro il climate change. Trovate altre storie qui.
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