Da Brooklyn al Giappone, si moltiplicano i casi di utilizzo concreto della blockchain, soprattutto nelle applicazioni di scambio peer-to-peer di elettricità da fonti rinnovabili, la cui produzione instabile è difficile da conteggiare. I casi più classici sono le microgrid di vicinato, dove produttori e consumatori di energia solare possono scambiarsi i kilowattora in eccedenza in totale autonomia, senza passare attraverso il gestore, risparmiando e massimizzando l’uso dei pannelli.
A Brooklyn, i primi progetti di questo tipo sono stati avviati da LO3 Energy e Siemens, con una serie di microgrid integrate su una piattaforma di trading peer-to-peer. In pratica, s’installa una rete dedicata fra vicini che dispongono di pannelli fotovoltaici e altri che non ne hanno: in questo modo il produttore, che di solito riesce a utilizzare al massimo due terzi dell’energia che produce, può condividere le eccedenze con gli altri. Le microreti realizzate da Siemens collegano le case che hanno pannelli solari sui loro tetti, in diverse parti di Brooklyn, con i vicini che vogliono acquistare energia verde. Come altre microgrid, anche queste corrono lungo la rete elettrica tradizionale, ma funzionano in totale autonomia. La differenza rispetto alle forniture tradizionali di energia, dove il privato compra da un operatore di grandi dimensioni, è il rapporto alla pari con gli altri nodi della rete, che consente di abbassare i costi. La sicurezza della transazione e la garanzia che la piattaforma su cui gira la microgrid non possa venir manomessa arriva proprio dalla blockchain. I partecipanti installano contatori intelligenti basati sulla blockchain di Ethereum, che traccia l’energia che generano e consumano mediante “contratti intelligenti”.
In Germania è nata invece Enyway, già soprannominata l’AirBnb dell’energia, perché consente ai consumatori di comprare l’elettricità da piccolissimi fornitori, proprietari di una singola pala eolica o di un tetto solare sopra la fattoria, invece di continuare a finanziare grandi società come Rwe o Uniper. Sul portale di Enyway si raccontano le loro storie, arricchite da foto professionali come quelle degli alloggi offerti su AirBnb, e il kilowattora diventa concreto come le zucchine al mercato. La transazione non ha bisogno di una microgrid, ma la piattaforma basata su protocollo blockchain consente di registrare in automatico gli scampi con precisione, collegando l’elettricità in uscita dal fornitore con quella in entrata nelle case dei consumatori.
In Australia sta prendendo piede Power Ledger, che ha lanciato una serie di scambi peer-to-peer fra piccoli produttori e clienti interessati a comprare energia verde in varie parti del Paese, massimizzando così l’utilizzo dei pannelli. L’ultimo progetto, sempre basato su piattaforma blockchain, è appena entrato in funzione nel porto di Fremantle, vicino a Perth, ma l’idea è allargarsi in tutto il Sud dell’Australia, dove c’è molta generazione distribuita. In Giappone si fanno le prime prove su una piattaforma analoga nella zona di Nagasaki, sull’isola più meridionale del Paese, dove gli impianti solari sono molto diffusi. La proliferazione di startup che sviluppano soluzioni blockchain per il settore, come Grid Singularity, SolarCoin o Bankymoon, è rapidissima: la utilizzano combinandola con i sistemi di smart metering, per creare prodotti e servizi innovativi che si integrano perfettamente con le nostre abitudini quotidiane.
In Germania, dove sono molto diffuse le batterie domestiche, si utilizzano soluzioni basate su blockchain anche per stabilizzare la rete, come nel progetto pilota ideato dal gestore di rete TenneT e dal produttore di batterie Sonnen, che consentirà di attivare automaticamente i flussi bidirezionali di energia tra le batterie domestiche e la rete, in modo da poterle utilizzare come camera di compensazione.
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