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L’open innovation che nasce dalle particelle

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la strategia del Cern

L’open innovation che nasce dalle particelle

(Maxilian Brice&ZimmerFrei)
(Maxilian Brice&ZimmerFrei)

«Vago ma eccitante». Il giudizio interno al Cern scritto a penna sulla proposta di un giovane fisico e ingegnere di nome Tim Berners-Lee faceva ben sperare. Ma nessuno poteva immaginare - era il 1989 - che quell’intuizione avrebbe generato il 25% del Pil mondiale: tanto vale l’economia digitale del World Wide Web che il ricercatore inglese pensò inizialmente per facilitare lo scambio di dati e informazioni tra gli scienziati che lavoravano ai vari esperimenti interni al Cern. Trent’anni dopo al Centro europeo per la ricerca nucleare la targa dedicata all’ideatore del web campeggia in un anonimo corridoio a ricordare come la ricerca si sviluppi in luoghi imprevisti e gli impatti sulla società possano essere inimmaginabili.

Allo stesso tempo è maturata la consapevolezza di doversi aprire all’industria, alla società condividendo conoscenze e indirizzando le ricadute della ricerca di base in ambiti diversi. La svolta è arrivata con Lhc, l’acceleratore di particelle più grande del mondo, che ha permesso la rilevazione del bosone di Higgs. «Quando è cominciata la costruzione dell’Lhc tra la fine degli anni 90 e l’inizio degli anni Duemila, la comunità dei fisici ha intuito che non era più possibile fare tutto in casa - spiega Alberto Di Meglio, direttore di Cern Open Lab all’interno del dipartimento Information Technology - e via via si è aperta all’industria. Oggi nell’It raccogliamo le sfide di ricerca per gli anni a venire, vediamo come risolverle insieme all’aziende e sperimentiamo i prototipi con gli esperimenti all’Lhc. Allo stesso tempo portiamo all’esterno la nostra conoscenza. Qui al Cern ha sede una società emiliana E4 che costruisce piattaforme di calcolo per l’intelligenza artificiale. Ora stiamo lavorando a una piattaforma aperta ai ricercatori per simulazioni in altri settori come la medicina, dove la simulazione dello sviluppo dei tessuti biologici può essere utile nell’ambito delle malattie neurologiche». Il Cern peraltro è uno dei centri mondiali di maggiore produzione di dati: basti pensare che il traffico dati equivale a quello che potenzialmente si potrebbe generare se tutti gli abitanti del pianeta facessero contemporaneamente una chiamata telefonica.

«Negli ultimi anni si è infittita l’attività di trasferimento di conoscenza che passa anche attraverso il procurement - spiega Giovanni Anelli, che guida il Knowledge Transfer Group - Per esempio un’azienda italiana, la Malvestiti, nostra fornitrice di magneti, grazie al perfezionamento del prodotto qui all’acceleratore, è riuscita a migliorare i processi interni e diventare a sua volta fornitrice di case automobilistiche tra cui il gruppo Psa».

Sempre più spesso l’innovazione nasce da processi ancora più diretti e guidati. «Anche noi siamo un collider, un acceleratore di persone, di idee» afferma Sergio Bertolucci, cofondatore di IdeaSquare, davanti a una trentina di ragazzi provenienti dall’Emilia Romagna per partecipare a Cbi, programma di open innovation. «Ogni anno accogliamo mille Cbi da tutto il mondo: studenti con formazione diversa vengono qui per pensare in grande, out of the box e trovare nuovi soluzioni» aggiunge Bertolucci, ex direttore ricerca del Cern e professore di fisica all’Università di Bologna. Contribuirà a creare presso l’ateneo emiliano una Design Factory, un polo di una rete mondiale di centri di open innovation. «A IdeaSquare abbiamo voluto rendere bidirezionale il trasferimento della conoscenza - spiega Bertolucci - creando un ponte tra il laboratorio di ricerca e la società: volevamo un luogo per accogliere le domande dall’esterno e vedere se avevamo le risposte. Ciò significa aprirsi anche all’ interno alla possibilità che le tecnologie possano essere applicabili ad ambiti diversi rispetto a quelli in cui sono state pensate. E poi il progetto educativo come Cbi che insegna agli studenti, mescolati per formazione e provenienza, a confrontarsi con sfide impossibili per arrivare a concretizzare un prototipo».

IdeaSquare è stato anche l’incubatore di quello che è Attract, un progetto di ricerca da 20 milioni di euro finanziato dalla Ue che vuole creare un ecosistema europeo di ricerca di base e industria in ambito tecnologico. Lo slogan è «dall’open science all’open innovation». Un approccio che è molto richiesto dalle aziende: «C’è ormai la presa di coscienza che non tutte le persone intelligenti e le skill possano essere interne all’impresa» spiega Matteo Vignoli, direttore open innovation program di Almacube e che da anni organizza Cbi al Cern. «Le organizzazioni sono concentrate su quello che stanno facendo ora - aggiunge Vignoli, che insegna innovation design a Unimore - mentre esplorare altri mondi li aiuta a comprendere ciò che magari potranno fare domani, in termini di prodotto e di servizi. In questi processo con il metodo del design thinking portiamo dentro all’azienda punti di vista esterni e lenti che fanno riferimento a discipline diverse».

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