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Maker e designer co-progettano lo sviluppo

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INNOVAZIONE SOCIALE

Maker e designer co-progettano lo sviluppo

Quartiere Gratosoglio, sud Milano. Un gruppetto di ragazzi ha perso la strada. O non l’ha mai trovata. Nella vita lavorativa, negli studi, alcuni anche in famiglia. Il Comune interviene. Stimola un progetto che parte da loro, dalle loro capacità. Fino a costruire un prototipo: un ortopalestra biodinamica che presentano pubblicamente nel quartiere, ricevendo consensi e fiducia. L’inizio di una nuova vita. Diversi tra loro riprenderanno gli studi. A rendere possibile questo percorso virtuoso è WeMake, fablab milanese. Che cosa centrano i maker con le politiche giovanili?

Cosa portano i fautori delle tecnologie open source e delle stampanti 3D nei percorsi formativi? Si chiama co-design, un metodo che parte dai bisogni delle persone e facilita i processi di progettazione, abilitandoli con le tecnologie fino a giungere a un prototipo di servizio o di prodotto.

«La questione è che spesso le organizzazioni non governative hanno carenze nel processo di progettazione – spiega Cristina Martellosio di WeMake - Come abbiamo fatto in Burkina Faso con Acra, noi li accompagniamo nel comprendere i bisogni dei beneficiari e come questi possano contribuire. Sulle tecnologie cerchiamo di stimolarli sul senso, sul come possano essere utili». Ed è quello che faranno nel percorso formativo agli Open days dell’innovazione, dedicati alla cooperazione allo sviluppo e per il sociale.

Sul palco della due giorni (6-7 marzo, Torino) organizzata da Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo - in collaborazione con TechSoup - saliranno maker e designer che si scambieranno visioni ed esperienze. Con il progetto Batjo Alice Corona propone installazioni fisiche - realizzabili con la fabbricazioni digitale - che visualizzano i dati «in maniera facile, empatica ed emotiva» racconta lei, con esperienza nel data journalism e ora consulente per le aziende. Online è disponibile il suo ricettario, utile a tutte quelle organizzazioni non governative che abbiano voglia di raccontare problemi e progetti. Al mondo del visual journalism appartiene anche il designer Mario Moretti che ha raccolto sulla piattaforma Design for migration i progetti di chi, come lui, si occupa di migranti. Come Lampedusa Cruises, progetto di un collettivo di Amsterdam che porta gratuitamente i turisti a bordo di una barca giunta a Lampedusa da Tunisi e racconta loro i viaggi dei migranti del Mediterraneo per voce stessa dei rifugiati. O come Caserma Piave a Treviso dove su idea del designer Fabrizio Urettini è nato il laboratorio Talking Hands in cui richiedenti asilo sono stati invitati a esprimersi in attività manuali diventate poi occasioni di inclusione sociale e/o lavorativa.

Per spingere l’innovazione nella cooperazione Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo stanno sperimentando una piattaforma di open innovation. «Abbiamo invitato alcune ong a lanciare loro sfide – spiega Paolo Vercesi, ingegnere della Fondazione Politecnico di Milano e coordinatore di Coopen– Poi però non abbiamo lanciato una call generica. Ma siamo andati a scandagliare progetti di ricerca europei, incubatori, luoghi in cui potenzialmente potevamo raccogliere proposte mirate. Che non sono solo tecnologie. Ma risposte a problemi complessi». Con esiti non scontati. «Avevamo bisogno di una piattaforma di elearning leggera, considerando la capacità delle reti africane - spiega Fabio Petroni direttore programmi di E4impact foundation, nata come spinoff dell’Università Cattolica che gestisce Mba in diversi paesi africani - E poi di una fruizione che invitasse l’utente a essere soggetto attivo. Infine uno strumento per creare un knowledge center al servizio delle generazioni successive». Oltre alle classiche società di informatica ha bussato alla porta una startup bolognese Teyuto che ha proposto una piattaforma agile che si appoggia ai server locali di Google, fruibile via mobile e con una struttura tipo Netflix con una fruizione libera, oltre che lineare, in cui è facile caricare video. Se il pilota sarà finanziato andrà a vantaggio di oltre 300 Mba in una dozzina di paesi africani.

Emergency invece sta sondando una tecnologia per il trattamento e il riuso delle acque reflue degli ospedali nei paesi in cui opera. E in futuro vorrebbe lanciare una sfida per una tuta leggera e traspirante che possano indossare i medici che lottano contro ebola nei paesi più caldi. Alla sfida di Helpcode di Genova per i sistemi tracciabili open a supporto del micro-credito per le famiglie, ha risposto il gruppo di ricerca del Deib del Politecnico Milano con soluzione customizzazione token Etherium su tecnologia blockchain. A regime la piattaforma potrebbe diventare uno strumento utile per le due fondazioni di origine bancaria per selezionare i progetti da finanziare.

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